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Buttafuoco: “Torna il teatro per giocare con la pandemia” - Seconda parte

Perciò, anche stavolta «ce la faremo», per citare uno sfortunato motto di moda lo scorso anno?

«Il punto è che l’emergenza permanente ha creato una casta che ci ha provato gusto: visibilità, denaro, relazioni. È terribile, per costoro, veder finire l’emergenza. È significativo che, nel Cts, non avessero mai pensato di inserire uno psichiatra».

Una scelta deliberata?

«Qualcuno ha assaporato l’irresistibile richiamo del potere. Perché la paura è il collante implacabile che fa impugnare ai pochi la vita di tutti. E intanto, la politica s’è potuta permettere il lusso di non fare una beata mentula».

Perché?

«Noi di teatro conosciamo la famosa battuta di Ettore Petrolini: “A me m’ha rovinato la guerra. Se non c’era la guerra a quest’ora stavo a Londra…”. E così, diranno tutti: “C’è stata la pandemia, altrimenti avremmo realizzato ponti, strade, infrastrutture…”. La pandemia, nel suo essere un “gioco”, è l’elemento straniante attraverso il quale si giustifica il livellamento verso il basso».

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