Cari “foglianti”, sul Sì al referendum avete torto marcio

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Sono un pedante. Ho impiegato anni ma oggi finalmente l’ho capito: sono un “pedantaccio collettivo”. Malgrado per anni mi sia sforzato di non annoiare il prossimo, abbia con tutto me stesso cercato di militare nei partiti giusti, sia andato in vacanza all’Argentario e, dopo tutto questo, mi sia anche iscritto ad Italia Viva, beh oggi ho scoperto di essere un pedantéllo o peggio un pedantàccio per il semplice motivo di voler votare No al prossimo referendum sulla riduzione dei parlamentari.

La teoria proposta con l’usuale maestria dall’ex direttore de Il Foglio, per inciso secondo me da 25 anni il miglior giornale in circolazione e la fucina dei migliori giornalisti oggi in attività, è indubbiamente elegante e sofisticata, tipica di un milieux intellettuale approdato, attraverso un recente liberalismo di maniera preceduto da una attiva militanza in partiti massimalisti, ad una sorta di cinismo chic relativista capace di abbracciare tutto ed il suo contrario in nome di una politique politicienne che può essere solo sangue e merda, come diceva uno dei capostipite di questa genia Rino Formica. Ovviamente il tutto ricondotto a sistema dalla misteriosa mano invisibile della politica: l’eterogenesi dei fini. Non male questo periodare illeggibile, pedante e ricco di francesismi mal posti e citazioni di risulta, niente male mi sono piaciuto ma smetto.

Ma in questo ultimo scampolo agostano ho passato molto piacevolmente del tempo con altri esponenti di questa teoria, o meglio pratica visto il peso politico che esercitano con le loro parole ed i loro scritti, cercando di comprendere tre cose. Sono pedante perciò le elenco: quale è la natura ed il ruolo attuale del Pd, avendo abdicato al progetto originale della vocazione maggioritaria e cercando oggi il suo futuro nell’alleanza con il M5s? Perché ha senso evocare la nascita di un blocco sociale capace di fermare la destra, inadatta a governare, mentre al contempo si apre al M5s che ha dato, e da quotidianamente, prova di assoluta incapacità a governare? Perché il Pd ha seguito quasi con disappunto l’iniziativa dello scorso agosto di Italia Viva volta solo ad evitare il governo dei pieni poteri, ed oggi rinnegando se stesso ne vuole fare il suo futuro attraverso l’alleanza organica con i 5s?

A queste questioni l’intellettuale fogliante e non pedante risponde con sconcertante semplicità dimostrandoti quello che è ovvio a chiunque non sia obnubilato dallo stupido pregiudizio che in politica le idee contino qualcosa e che, se cambiarle è giusto ed in alcuni casi necessario, giustificare questi cambiamenti non sia sempre doveroso. I non pedanti sono degli straordinari teorici dell’eterogenesi dei fini, strumento titanico del quale, però, non sono mai soggetti quanto piuttosto utilizzatori finali, per usare un’espressione in voga recentemente, e lo sono spesso a loro insaputa.

Ministri, direttori di giornali, protagonisti a Palazzo Chigi negli ultimi 30 anni ed in stagioni diverse e contrastanti, si trovano insieme ad illustrare la grande opportunità del Sì al referendum o perché il politico sgamato non intraprende battaglie a suo giudizio insindacabile già perse o perché nelle riforme da qualche parte si deve pur cominciare, e basta con la ricerca del meglio intanto è più importante il fare, poi “L’intendance suivra” come amava dire De Gaulle.

Beh è semplice: non è così! Ho votato Sì al referendum perso da Berlusconi come ho votato Sì al referendum perso da Renzi, voterò No al prossimo referendum e credo che perderò ancora. Un record. E non voglio annoiarvi con inutili pedanterie sul concetto di quantità e qualità o sull’organicità o meno di un progetto di modifica costituzionale, e tanto meno voglio annoiarvi con la difesa della Costituzione più bella del mondo che, per inciso, mi ricorda tanto il “siamo stati i più bravi a gestire l’emergenza Covid”. Voglio solo chiedervi se la promessa di un successivo aggiustamento dei problemi che il Sì al referendum a parere unanime di tutti gli schieramenti creerà non vi fa pensare alle parole di D’Alema per sostenere la bocciatura del referendum Renzi quando il 30 agosto 2016 diceva “se vince il No al Referendum in sei mesi c’è il tempo per una riforma….”. Ovviamente la riforma non è arrivata ma il Foglio avviò un divertente “countdown alla grande riforma D’Alema”.

Ora sarò davvero pedante, sicuro che sul libero sito di Porro nessuno di loro mi leggerà: le battaglie politiche si fanno anche quando si rischia di perderle; non voto Sì ad un referendum per la riduzione dei parlamentari proposto da un partito che ha depositato progetti di legge e fatto una bandiera dell’introduzione del vincolo di mandato; non cedo al ricatto becero di lisciare il pelo all’antipolitica per intestarmi una vittoria che non mi rappresenta; e potrei continuare pedanteggiando, ma ai simpatici e cinici analisti e cultori del pragmatismo, per una volta seguaci del pensiero mainstream, voglio ricordare un principio base della pratica politica: prima si incassa e poi si paga, altrimenti rischiamo di vedere un nuovo countdown sulle pagine del Foglio, che questa volta si chiamerà “quanto manca alla piccola riforma Ferrara-Velardi”.

Antonio De Filippi, 28 agosto 2020

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