Caro Porro, col green pass la scuola è un inferno

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Da ormai due anni la scuola si trova a dover convivere con l’emergenza sanitaria. L’anno scolastico 2019-2020 si è concluso svolgendo per la prima volta la Dad, in un grande spaesamento e nel pieno della pandemia. Noi docenti abbiamo fatto il possibile per attrezzarci e affrontare questa trasposizione, per rendere la didattica altrettanto efficace. I più ottimisti credevano che si trattasse solo di una brutta parentesi, sappiamo tutti infatti che l’insegnamento a distanza non è efficace, né da un punto di vista didattico, men che meno sotto l’aspetto relazionale, quanto la didattica in presenza.

A settembre 2020 la scuola ha ripreso in presenza, previo rispetto delle misure sanitarie che ormai tutti conosciamo: l’obbligo di indossare la mascherina poteva essere derogato solo se, una volta in aula, si rimaneva in posizione statica e rispettando il distanziamento. A poco più di un mese ricomincia la Dad che, contro ogni previsione, si protrae fino a febbraio e procede a singhiozzo fino in primavera. Solamente nelle ultime settimane si torna totalmente in presenza e questa volta con le misure di contenimento del virus decisamente più restrittive: la mascherina va indossata sempre, per tutta la durata della permanenza nell’istituto.

A settembre 2021 la scuola ha ripreso in una pseudonormalità: le modalità per indossare la mascherina sono rimaste le stesse ma può anche non essere rispettato l’obbligo di distanziamento all’interno della classe. Ciò significa che nelle classi cosiddette ‘pollaio’, in cui il numero degli alunni arriva anche oltre 30, viene tollerato il sovraffollamento purché si tenga la mascherina indossata.

In questa epopea non va tralasciata l’introduzione del lasciapassare verde: i docenti ed il personale Ata hanno l’obbligo, dettato dal DL 111, di esibire la certificazione verde all’ingresso. I primi giorni di scuola gli incaricati al controllo erano i delegati del Dirigente armati di apposito tablet; da fine settembre è entrata in funzione la piattaforma, che permette il controllo direttamente da remoto. Questa misura, nonostante violi nettamente il diritto alla privacy e possa causare discriminazione nell’ambiente di lavoro, perché per chi controlla sarà evidente la differenza tra il possesso di un lasciapassare da vaccino o da tampone (questo ha durata di 48 ore), è comunque entrata in vigore. La necessità di possedere la certificazione verde ricade anche sugli alunni, nonostante il provvedimento legislativo comprenda solo i lavoratori. Nelle scuole superiori in cui è presente il bar interno, se i ragazzi vogliono usufruire dei tavolini devono avere il lasciapassare, quando in aula possono tranquillamente stare seduti anche gomito a gomito.

Lo stesso discorso vale per i PCTO, ovvero l’Alternanza Scuola-lavoro, il cui monte ore è requisito indispensabile per l’ammissione all’Esame di Stato: per fare il tirocinio nelle aziende, serve il lasciapassare. Medesimo problema per svolgere le ore di Scienze Motorie: le palestre esterne a cui si appoggiano gli istituti richiedono la certificazione agli alunni, compresi i portatori di handicap che da PEI frequentano queste strutture con più assiduità. Nel collegio dei docenti di ottobre, a tre giorni dall’estensione del lasciapassare per tutte le categorie di lavoratori, parliamo dell’importanza del benessere a scuola, di inclusione, di condivisione, di ritorno alla normalità. Si sollecita la ripresa delle uscite didattiche, delle visite nei musei, del cinema, delle gite scolastiche.

Ora mi chiedo, come si possono realizzare questi obiettivi? Sembra pura utopia. La scuola non è libera, è vincolata al lasciapassare esattamente come qualunque altro ambiente di lavoro. Questa imposizione ricade anche sugli studenti.

Chiariamo: dobbiamo chiedere agli studenti che non intendono o non possono vaccinarsi di sottoporsi ai tamponi (a spese loro) per non essere esclusi dalle attività extrascolastiche? Insegniamo loro a cedere ai ricatti? A sottoporsi ad un trattamento sanitario benché non convinti o non pienamente consapevoli del consenso informato che andranno a firmare? Perciò insegniamo loro ad essere superficiali, spensierati e distratti di fronte alla situazione sociale e politica attuale?

Da agosto, prima ancora che le lezioni riprendessero, il governo aveva additato la scuola come fortino no-vax, anche se il numero dei vaccinati arrivava già al 90% (consideriamo inoltre che alcune persone, anche volendo, non possono vaccinarsi). Ora, dopo l’introduzione di una misura di controllo come il lasciapassare e delle sue ripercussioni anche sugli studenti, si può ancora credere in una scuola libera, inclusiva, tollerante e aperta alla pluralità di pensiero? Ritengo che ormai riesca difficile pensare alla scuola in questi termini anzi, Foucault la definirebbe la scuola della sorveglianza e delle punizioni.

Prof.ssa Alice Mariano

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