Caro Porro, la vera peste è negare di avere fallito sul Covid

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“Ogni cittadino schifava l’altro e quasi nessuno aveva cura del vicino; i parenti rare volte o mai si facevano visita e se lo facevano rimanevano distanti”. La paura era entrata nel petto degli uomini al punto che i fratelli si abbandonavano così come lo zio e il nipote, la sorella e il fratello e spesso la moglie il marito; cosa ancora più grave e quasi impossibile a credersi, i padri e le madri abbandonavano i figli come se non fossero loro.

La descrizione futurista di Boccaccio sulla paura della morte e sulla fragilità al male di vivere, è più che mai attuale, l’immortale opera del Decamerone, racconta la peste nel 300. La morte Nera non aveva prediletti, colpiva chiunque, ricchi e poveri, non aveva luoghi sicuri ed altri meno. L’aria era infetta ovunque. I 10 ragazzi descritti, decidono di ritirarsi in campagna, in attesa della fine dell’epidemia, alla ricerca di una vita più salubre, in cui prevale la sopravvivenza, la speranza giovanile di un futuro migliore, rispetto alla rassegnazione di massa.

Ma in un’epoca come quella, le cure erano rudimentali come la vita della gente. Si combatteva contro qualcosa di ignoto, si era coscienti di perdere. Oggi si combatte contro un virus da due anni, eppure, nonostante si siano scoperte diverse cure, i protocolli del Ministero sono gli stessi, vigile attesa e tachipirina. Sono stati messi in commercio vaccini in tempi record, inizialmente su base volontaria, del resto la sperimentazione si concluderà nel 2023, man mano si faceva pressante la forzatura, rendendoli obbligatori per alcune categorie, declassando le cure.

Eppure per somministrare delle terapie geniche sperimentali, non guasterebbe un’attenta anamnesi del proprio medico di base, per evitare spiacevoli conseguenze, come continuano a verificarsi, basta vedere i numeri delle reazioni avverse pubblicati dall’Aifa. La vera peste odierna è negare di avere miseramente fallito, un grave danno sociale a carico dei cittadini che dopo il 15 di dicembre non avranno più il lavoro, sospesi perché hanno dei dubbi, delle paure legittime, dubbi per una protezione non quantificabile, tanto da dover fare almeno 3 richiami, anche con un mix di vaccini differenti.

Nonostante questo siamo ben distanti dalla normalità, si è ritornati alla mascherina nei luoghi all’aperto, alle regioni colorate, all’esclusione dalla vita sia sociale sia lavorativa per i cosiddetti no vax, eppure nessuna società evoluta crea divisioni, valorizza i propri cittadini e ne tutela al meglio la salute, fornendo loro tutti gli strumenti validi di cui è in possesso, non negando le cure, come fino ad ora è stato fatto, si è aggiunta la campagna vaccinale per i bambini, come prerogativa essenziale, si aggiunge il tampone per i vaccinati.

Queste imprecisioni governative, questo caos, queste mezze verità non sono più accettabili, come non è più tollerabile non inserire le cure domiciliari tra i protocolli sanitari, lo Stato incurante dei danni che arreca, privatizza il lavoro, inserendo il vaccino come qualifica primaria. Nel frattempo tra una reazione avversa ed un’altra, un poliziotto di 53 anni a Genova si è tolto la vita, costretto a scegliere di vaccinarsi oppure essere sospeso, senza stipendio. Il silenzio politico e giudiziario è ciò che di più nero possa esserci.

Vedana De Curtis

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