Come l’Ue vuole controllare i nostri computer

10.4k 11
generica_porro_1200_5

Sta cambiando, a gran velocità, in Italia e in Europa la percezione dell’identità personale e delle tutele necessarie per proteggerla dalle ingerenze dei governi e delle grandi piattaforme digitali. Un tempo l’identità era, per la democrazia liberale, un cristallo di idee e rapporti inviolabile se non per gravissime esigenze di sicurezza pubblica. Negli anni ‘70 comincia lo smottamento: il cristallo si incrina prima per combattere il terrorismo, poi per sgominare la mafia, quindi per mettere alle corde l’evasione fiscale. Eccezion fatta per il terrorismo, i risultati sono lievi, ma passa il principio che l’identità personale – trovato un buon motivo – sia disponibile.

Quando arrivano i social media, che subito s’impongono come infrastruttura essenziale della comunicazione e della vita quotidiana, lo smottamento diventa una frana: in cambio dell’accesso a una vasta gamma di serbatoi dell’informazione e a platee di pubblico quasi illimitate, le piattaforme digitali tesaurizzano senza ostacoli tutti i dati relativi alle operazioni compiute dai cittadini per loro mezzo – di fatto gran parte di quelle compongono la nostra vita. La cattura dei dati è facilitata dalla circostanza che il funzionamento delle piattaforme implica la registrazione di tutto quanto esse fanno: la cosa non è subito visibile e in ogni caso, quando appare l’avviso che informa del transito di dati a terzi, gli utenti ritengono che il servizio informativo loro fornito sia comunque conveniente – valga il sacrificio di una quota di privacy. I governi colgono in fretta il cambio di sensibilità: l’accesso del fisco ai conti perde di continuo vincoli e condizioni, le intercettazioni crescono in sofisticazione (trojan) e sono sempre più usate, il Parlamento europeo, spinto dalla Commissione, discute di un controllo agevolato su cellulari e computer per individuare materiale pedopornografico. L’attenzione collettiva su questa deriva è, tranne eccezioni, piuttosto modesta.

Da qualche tempo poi si diffonde in molti Paesi la pratica del riconoscimento facciale come mezzo per consentire in modo più rapido ingressi e altre operazioni: l’atteggiamento del pubblico per ora appare neutrale (in fondo è un modo per risparmiare tempo). Tuttavia, se si guarda alla Cina, lo Stato che ne fa maggior uso, c’è da temere: il riconoscimento facciale è il pezzo forte del Social Credit System in cui il governo concentra, per ogni singola persona, le informazioni su conti, spostamenti, opinioni rilasciando come sintesi finale un punteggio che serve per autorizzare attività e dare premi o punizioni.

Della sfera di eventi che intaccano l’identità personale si può ritenere, con un’interpretazione estensiva, facciano parte anche i limiti posti alla libertà d’espressione, prerogativa fondamentale dell’individuo: la motivazione è il contrasto ai discorsi di odio (hate speech) e alle fake news con le piattaforme autorizzate, in quanto braccio operativo, a fare censura. Nella sostanza l’identità è scandagliata, classificata e accompagnata in quasi tutte le sue manifestazioni. Lo stesso green pass, che pure accampa buoni motivi, alla fine stringe l’agire personale in una maglia obbligante di compiti e operazioni.

La democrazia della tradizione liberale racchiudeva il rapporto tra identità personale e poteri nell’ambito ben delimitato – sul versante privato – di una rule of law vincolata da costituzioni e – sul versante pubblico – di un voto che è giudizio e sanzione. Oggi si è formato un livello intermedio in cui l’identità vive e opera in simbiosi con strumenti, come le piattaforme, che la potenziano e insieme la monitorano o con poteri, come quelli pubblici, che ne riducono l’autonomia per indirizzarla su sentieri obbligati (green pass). Dall’identità protetta e incondizionata (nei limiti di legge) si passa a un’identità simbiotica e sempre più pubblica. Dalla democrazia liberale alla democrazia accompagnata. Viene quasi il sospetto che non siano le democrazie a influenzare e modificare i governi autoritari, ma che in qualche modo accada il contrario.

Antonio Pilati, 12 agosto 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version