Contagi, Delta, vaccini: qualcosa va storto

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Come ampiamente riportato dalla stampa nazionale, alias giornale unico del virus, il 30 agosto il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità in Europa, il medico Hans Kluge, ha lanciato l’allarme: se non riprende con vigore la campagna vaccinale, nei prossimi tre mesi il Vecchio continente rischia di avere 236 mila decessi causati dal Covid-19. Questo in estrema sintesi il messaggio ben poco rassicurante di questo ennesimo scienziato del terrore il quale, come era ampiamente prevedibile, ha chiamato in causa la variante Delta, ultimo spauracchio virale di un regime sanitario sempre più globale.

Ora, tirando le somme della recisa presa di posizione di Kluge, i conti di una forsennata campagna vaccinale senza precedenti sembrano proprio non tornare. Infatti, confrontando i dati ospedalieri – a mio avviso quelli più significativi per avere un polso reale della situazione, italiani del 31 agosto del 2020, quando i vaccini erano ancora in fase sperimentale, con quelli del 2021 emerge un quadro per nulla coerente con la visione del luminare belga. Basti dire che se alla fine di agosto dello scorso anno nei nostri nosocomi si contavano 1.288 ricoverati con sintomi, 94 terapie intensive occupate e 24.696 persone in isolamento domiciliare. Quest’anno, invece ahinoi, i degenti con il Covid-19 erano ben 4.252, le terapie intensive 544 e gli individui in quarantena 133.129. Ma qui casca letteralmente l’asino, checché ne dica l’illustre esponente dell’Oms.

Ciò per il semplice fatto che, sempre con dati aggiornati al 31 agosto, nel nostro Paese risultano vaccinate con una dose 42.609.377 persone, il 70,6% dell’intera popolazione; mentre sono 36.668.590, il 60,8%, i vaccinati con due somministrazioni. Percentuali elevatissime, se consideriamo la fascia non vaccinabile per ragioni di età o di salute, che contrastano decisamente con gli attuali e piuttosto preoccupanti numeri ospedalieri, soprattutto in previsione del prossimo inverno. D’altro canto la vicina Francia, che ha vaccinato più di noi, con circa il 72,3% di prime dosi, registra un bilancio di ricoveri e terapie intensive assai più cupo del nostro, con addirittura oltre 2 mila malati di Covid nei reparti di rianimazione.

A questo punto che dire? Mi sembra evidente che sostenere che abbiamo questi numeri, così come fa il buon Kluge, perché non abbiamo inoculato abbastanza vaccini, sebbene a suo tempo gli stessi scienziati sostenevano quasi all’unisono che già col 70% saremmo arrivati all’immunità di gregge, pare piuttosto azzardato. Se così fosse, dovremmo giungere a due conclusioni particolarmente sconfortanti: 1. che senza i vaccini in questa calda estate, stagione in cui da sempre i virus respiratori si eclissano – esattamente come accaduto nel 2020 – avremmo vissuto una vera e propria ecatombe; 2. che di conseguenza il virus, mutando, sarebbe diventato così letale da richiedere, così come sta sostenendo da tempo, Walter Ricciardi, il consigliere preferito del ministro Speranza, una profilassi che coinvolga oltre il 95% della popolazione.

Una vaccinazione di massa senza precedenti che studiosi di fama internazionale, come il nostro Giulio Tarro e il Nobel Montagnier, criticano fortemente sin dall’inizio, giudicandola controproducente. E i numeri sembrano dar loro almeno una briciola di ragione. D’altronde i maligni potrebbero pensare che, dopo aver promesso lo Shangri-La sanitario per tutti al costo di un paio di punturine, i fautori del vaccino über alles oggi, di fronte a numeri a dir poco scoraggianti, cerchino disperatamente un capro espiatorio a cui aggrapparsi, anziché accettare l’agone di un serio e franco dibattito con chi sostiene da tempo la necessità di un cambio di strategia.

Claudio Romiti, 4 settembre 2021

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