Così è morto il Movimento 5 stelle

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Quel rissoso, irascibile, carissimo Carlo Marx, strabusato, diceva che la storia gira due volte, la prima è una tragedia, la seconda diventa una farsa. Ma non aveva conosciuto il Movimento 5 Stelle, altrimenti si sarebbe convinto che la faccenda come farsa può nascere e come farsa può spirare.

I voltafaccia grillini

O come atellana, se si vuole. E nell’ignominia muore questa setta di esagitati, questa nave dei folli affidata a un guitto passato dalla pubblicità delle automobili alle ossessioni green all’idrogeno, dallo sfasciare i computer ad esaltarli come la nuova normalità; sotto di lui, un esercito di lunatici, di fissati, di rancorosi mediati da una pletora di buoni a nulla ma capaci di tutto. Parola d’ordine: vaffanculo, poi i rovesci da taverna di Paola Taverna, la forca aprioristica, il giustizialismo da plotone d’esecuzione, la palingenesi, il Parlamento da aprire come il tonno che si taglia con i grillini, la metafisica degli honesti, l’invenzione di un premier di laboratorio; poi il contrordine cialtroni, gli scontrini non pagati, la mutazione ogm che li rende un corpo e un’anima con la poltrona, i voltafaccia su tutto, tav, vax, mask, Benetton, le delizie della dolce vita romana, la voglia feroce di non uscirne, di non tornare al bighellonaggio da bar, i disastri del premier-pipistrello e della sua congrega agghiacciante, gli Arcuri, i Borrelli, l’abbraccio laido col PD non più partito dei ladri e dei pedofili, l’“era un altro momento” della solita Taverna, che va con tutto, dentro tutto, come la vasellina, il regime sanitario più pazzo del mondo e infine l’implosione, la scissione dei fessi, la faida Grillo – Conte e siamo già oltre la farsa, anche perché a mediare si trova certa stampa, sempre quella, che ha il raro dono di seccare ogni pianta che tocca, di far finire tutto in vacca.

La rissa per il potere

Il premier dei miracoli diventa inetto, incapace, senza un’idea, un progetto, un coraggio, l’altro trama per far fuori il vecchio boss, che però ha la pelle dura ed è lui a silurare quell’altro, i corifei che si scornano, i Toninelli che si impallano, i Di Battista che levano barricate di panna montata, i Di Maio minacciati dall’Isis, ma dai, ma sul serio?, e infine, in attesa di diluirsi nel corpaccione piddino, il compromesso da vecchi democristiani, ti faccio presidente ma non comandi niente e così si arriva alla fine dei giochi, si guadagnano gli odiati vitalizi, chi vivrà vedrà. E sullo sfondo i compromessi anni ’50, su tutto, sulla Giustizia, in vago afrore di conflitto d’interessi che si legge Ciro, Ciro, il figlio vitalistico, e la campana di vetro lascia il posto alle segrete stanze, ai silenzi, agli intrighi, e tutto quello che puoi pensare è vero, e tutto quello che non sai è vero e quello che sai è falso. Puro, incontaminato grillismo, alimentato da macchine di fango contrapposte.

Il fallimento del Movimento

Nata come farsa, la parabola dei deliranti finisce in fondo al grottesco, nella feccia di un calice che si alimenta di ogni miseria che la setta attribuiva a chiunque non fosse dei loro: falsità, disinformazione, corruzione non solo morale, svendita dei valori al mercato dell’usato, familismo, opportunismo, carrierismo. Tutto in meno di un decennio. Il potere logora chi non ce l’ha e lo sogna, poi chi ce l’ha, quindi chi non lo vuol mollare, infine chi lo rimpiange. Questa roba qui, questa miseria totale globale qui, aveva convinto un italiano su tre. È vero che la storia non insegna niente, che gli uomini sono dei pazzi, che la malapianta dell’umanità non la raddrizzi, però almeno l’ombra di un pensiero, la prossima volta, non farebbe male. Se invece la gente vuol continuare a votare per allegria, vaffanculo vaffanculo, allora si accomodi. Ma non si lamenti. Non si lamenti come nella Roma della Raggi e dei cinghiali, dei ratti e dei monti di monnezza, delle targhe sbagliate, Azelio, Morirono anziché Morricone, un governo col T9, a scorrettore automatico, una capitale infetta per una nazione corrotta, una città eterna nel peggio, dove giri, giri e ti senti sempre fuori, mai incluso, mai compreso, eppure quel che resta di questo incubo di Hyeronimus Bosch la rivuole, la difende la sindaca ossuta, che pare la personificazione scarnificata di un movimento che non c’è mai stato ma ha divorato l’impossibile e anche adesso, che agonizza sotto al sole e evapora qual medusa, non si placa, maledetto, condannato a far ridere e disperare anche dopo morto.

Max Del Papa, 13 luglio 2021

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