Così la Costituzione verde ammazzerà l’impresa

Il Parlamento modifica la Carta e la rende ambientalista. I pericoli di un “lockdown green”

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di Fabio Massimo Nicosia*

Con una rapidità con pochi precedenti, il Parlamento ha approvato a meno di tre mesi dalla precedente votazione la riforma costituzionale degli articoli 9 e 41. Tale fretta è sospetta, anzi, direbbe un avvocato, confessoria, dato che le ragioni reali, non quelle affidate alla retorica, di tali modifiche sono piuttosto evidenti. Particolarmente grave appare la modifica dell’articolo 9, dato che tale norma rientra tra quei “Principi fondamentali”, che sono sempre stati ritenuti immodificabili, o quantomeno non modificabili negli elementi essenziali, mentre qui gli elementi essenziali vengono profondamente alterati.

Addio libertà in onore del green

La ragione reale più evidente è di dotare di fondamento costituzionale tutto quanto ci cadrà addosso d’ora in avanti sul piano della riduzione delle libertà e dei diritti primari, questa volta non più in nome della pandemia e del “diritto alla salute” (meglio: dell’”interesse della collettività alla salute”, e meglio ancora, dell’“interesse del governo a ridurti le libertà adducendo come pretesto il tuo diritto alla salute”), ma in nome della ”tutela dell’ambiente” e dell’”interesse delle future generazioni”.

Chiunque abbia assistito con cognizione di causa all’uso devastante che si è fatto in questi due anni dell’invocazione, da parte governativa, dell’articolo 32 della Costituzione (quello appunto sul diritto alla salute e sull’interesse della collettività alla salute) come pretesto per la compressione dei diritti individuali, può bene immaginare lo scempio che avverrà invocando questo nuovo articolo 9, sempre sulla base della contestata dottrina, per la quale tutti i diritti fondamentali, tutelati dalla Costituzione e dalle carte internazionali dei diritti umani, non vanno assicurati in sé e per sé, ma sempre “bilanciandoli” con qualche altro “interesse pubblico”, che gli statalisti invocano per sistema come “prevalente” sui diritti individuali.

La Costituzione da rigida a flessibile

In questo modo, si trasforma una costituzione da rigida a flessibile, in modo tale cioè che i diritti fondamentali non vengono mai davvero pienamente tutelati, dato che loro destino è di essere trattati “a discrezione” dal governo, sempre sulla base del principio illiberale, per il quale l’”interesse pubblico”, vero o presunto, prevarrebbe per definizione sul diritto individuale. E ciò, nonostante il fatto che le dichiarazioni di salvaguardia dei diritti umani sono nate nel dopoguerra proprio per evitare questo, ossia che, dopo il nazismo e lo stalinismo, un governo potesse addurre a discrezione o ad arbitrio interessi di Stato superiori ai diritti umani e fondamentali con l’effetto evidente di sacrificare questi ultimi.

Preparatevi a lockdown ambientali

Siamo quindi pronti a che i governi possano, in nome della “transizione green”, e invocando persino l’interesse di imprecisate “future generazioni” -a discapito però dei diritti delle generazioni presenti- disporre nuovi e più profondi lockdown, circostanza che la stampa americana ha già evidenziato come possibile attraverso tali invocazioni; e tanto più dopo che gli ecologisti di tutto il mondo hanno inneggiato ai lockdown pandemici come dimostrazione del fatto che basta stare chiusi in casa per smettere di inquinare il pianeta e, anzi, disinquinarlo prontamente!

Intanto esulta il ministro alla transizione ecologica Cingolani; peccato che si tratti della stessa persona che aveva appena dichiarato pubblicamente che l’essere umano è un “parassita” del pianeta, dato che consuma, ma non produce nulla; e che il pianeta stesso sarebbe “programmato” (?) per 3 miliardi di persone, sicché gli altri possono anche crepare, dato che disturbano solo: e allora che sarà mai trovare nuovi pretesti per rinchiuderli nuovamente in casa, come politica di riduzione di quel danno?

E intanto, con la riforma dell’articolo 41, si costituzionalizza la pianificazione economica a fini ambientali, come dire che codesta “transizione green” sarà anche il pretesto per imporre nuovi costi alle imprese sotto forma di obblighi di ristrutturazione industriale sulla base dei nuovi desiderata governativi; in genere funziona così, che i costi gravano sui piccoli, per diventare profitti per i grossi, che poi sono sempre i più felici destinatari delle provvidenze governative.

Ma Draghi qualche hanno fa l’ha detto chiaro e tondo che la microimpresa deve sparire in quanto inefficiente e non pagatrice adeguata di imposte; forse che questa non è anche da molto tempo la politica dell’Unione Europea, dato che i vincoli che impone sono sempre troppo costosi per le piccole imprese, e quindi funzionano sempre come “spinta gentile” nella direzione della loro chiusura e della loro sostituzione con i ben più “efficienti” (che poi è tutto da vedere) soggetti di grande dimensione?

In effetti, tutto si tiene sotto il cielo.

Fabio Massimo Nicosia è avvocato e presidente del Partito Libertario

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