Crisi di governo, questa politica è frutto di una scuola di serie B

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di Suor Anna Monia Alfieri

Partiamo da lontano, andiamo indietro nella storia fino ad arrivare a Sant’Ambrogio, grande vescovo di Milano. Non me ne voglia chi non è milanese (non lo sono neanch’io, quindi nessuno si può offendere) ma Ambrogio è una figura straordinaria nella storia, della Chiesa e non solo. Certo, come tutti, è figlio del suo tempo, pertanto alcune sue azioni oggi suscitano riprovazione. Andiamo oltre e guardiamo al bene, come sempre. Di Ambrogio, oltre alla incrollabile fede che si può cogliere splendidamente nelle sue opere, in particolare dagli Inni scaturiti dalla sua penna, mi ha sempre colpita il suo rapporto con il potere imperiale. E aveva a che fare con imperatori non certo di animo mite: pensiamo a Teodosio. Certo sui libri di scuola impariamo un Teodosio fautore del Cristianesimo. Ma Teodosio fu anche il promotore del massacro di Tessalonica, una tremenda carneficina. Ambrogio, venuto a conoscenza della strage, scrisse all’imperatore dicendo che non avrebbe celebrato l’Eucarestia in sua presenza. In tutta risposta il buon Teodosio non dovette fare altro che riconoscere coram populo il proprio errore, unica condizione per poter essere riammesso ai Sacramenti.

Ecco Ambrogio mi ha sempre ispirata. Non voglio essere fraintesa, ma da sempre ho cercato di mantenere un po’ lo stesso atteggiamento di Ambrogio nei confronti della politica. Ho un obiettivo e due principi. Partiamo, giustamente, dai principi: 1. la fede senza le opere è morta, 2. la politica è la più alta forma della carità. Ho ricavato i due principi, uno da San Giacomo, l’altro da San Paolo VI, pertanto nessuno mi potrà obiettare nulla. L’obiettivo, nella mia consacrazione religiosa, è servire i giovani, in particolare attraverso il riconoscimento del principio della libertà di scelta educativa dei genitori. Tutto qui. Dal principio l’azione, unità dell’impegno morale e civile. Sic et simpliciter.

Credo, mi sia consentito il dirlo, che, qualora l’obiettivo fosse stato raggiunto prima, non ci saremmo trovati in questa situazione. Anzi: non lo credo, ne sono convinta. Se la scuola fosse stata effettivamente libera, se non ci fossero state scuole per i cittadini di seria A e scuole per i cittadini di serie B, non saremmo arrivati ad assistere allo spettacolo indecoroso cui stiamo assistendo da qualche giorno. Un governo di unità nazionale che, nonostante il tanto bene compiuto per il nostro Paese, è messo in crisi da una frangia politica che, pur di cavalcare l’onda del malcontento di alcuni, mette a repentaglio la stabilità di tutti. Come? Colpendo il governo presieduto dal dott. Mario Draghi, un nome, una garanzia di serietà e di fiducia internazionale, al di sopra di ogni sospetto e di ogni scandalo, economico o personale. Una vita passata nel lavoro e dedicata agli affetti familiari, spesso sacrificati, lo si può immaginare, all’altare delle responsabilità, una vita non certo a favore di telecamera, amicizie coltivate sul campo dello studio e del lavoro, non certo in quello dei locali di – dubbio – divertimento.

Ecco, un governo del genere che ha organizzato, tra i tanti risultati, una campagna vaccinale che tutto il mondo ci invidia, è stato messo in discussione. E guardiamo anche al quando: nel delicato momento in cui due nazioni europee si stanno combattendo con una crisi energetica alle porte mai vissuta prima. Quando si dice la responsabilità politica e il senso delle Istituzioni… Poi oso solo immaginare cosa possa pensare il dott. Draghi quando si vede costretto a lavorare con persone che non sono neanche laureate. Ma va bene, ognuno ha la propria storia.

In questo momento storico non posso, come cittadina e come credente, non fare la mia parte e chiedere a tutte le forze politiche uno scatto di responsabilità, oltre ogni logica di consenso della base del partito. Talvolta, le scelte sul momento più impopolari si rivelano essere, sulla lunga durata, le migliori. Il governo di unità nazionale presieduto da Draghi è l’unica soluzione possibile perché l’Italia possa mantenere la fiducia sul piano internazionale e possa gestire i fondi del PNRR. Non possiamo permetterci di mandare tutto a monte.

Torniamo ad Ambrogio. Cito un breve passo dell’elogio funebre da lui composto alla morte di Teodosio: ho amato questo uomo che preferì ai suoi adulatori colui che lo riprendeva. Gettò a terra tutte le insegne delle dignità imperiali, pianse pubblicamente nella Chiesa il peccato nel quale lo si era perfidamente trascinato, e ne implorò il perdono con lacrime e gemiti. Semplici cortigiani si lasciano distogliere dalla vergogna, e un imperatore non ha arrossito di compiere la penitenza pubblica, e da allora in poi non un sol giorno passò per lui senza che avesse deplorato la sua mancanza». Nelle parole di Ambrogio vedo la grandezza che nasce da una dimensione oggi caduta nell’oblio: la coerenza, nel pensiero e nell’azione.

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