Crisi Ucraina, la verità è che perdono tutti

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Non è facile districarsi nel labirinto della crisi ucraina. E non è nemmeno facile individuare con precisione chi abbia le responsabilità maggiori dell’aggravarsi della situazione. Un elemento però sembra chiaro, arrivati a questo punto: nessuno ne esce vincitore.

Qualche autorevole analista ha detto che il vincitore c’è già ed è chiaramente Putin, che perciò tutto sommato non avrebbe nessun interesse a invadere il Paese confinante e ad impegnarsi in una guerra. Ora, sarebbe alla ricerca solo di una dignitosa exit strategy; oppure di capitalizzare al massimo il successo già ottenuto. Ma può un successo politico oscurare la débacle morale di un Paese che crede di acquistare uno spazio d’influenza con ricatti e minacce? E in cui il potere interno è praticamente non contendibile e un qualsiasi oppositore che vuole provarci viene dissuaso con le buone o con le cattive?

Sarà pure “obsoleto” il liberalismo a cui, con molte contraddizioni e limiti, si richiamano i Paesi occidentali, ma certo l’alternativa ad esso non può essere un arrogante dispotismo da ancien régime. Fanno poi tenerezza certi russofili nostrani che calcano sull’aspetto che la Russia sarebbe (anche) Occidente e che in più sarebbe pervasa da valori cristiani e altamente spirituali. Quasi che il dispotismo non sia stato un tratto comune per secoli al potere occidentale; o che esso oggi non trovasse il suo corrispettivo nel materialismo e ateismo della vecchia Unione Sovietica più che in qualsivoglia spiritualità, anche se Putin sa poi usare al contrario la religione in modo strumentale o come instrumentum regni.

Eppure, anche l’Occidente propriamente detto è nel torto quando la partita con la Russia di Putin, in particolare a livello di opinione pubblica, la vorrebbe impostare non su una sana realpolitik ma su criteri astratti come i “diritti umani” o l’ “autodeterminazione dei popoli”. La Russia c’è, e con essa bisognava fare i conti da un bel po’ di tempo, con meno retorica e più possibilità di incidere a favore di Stati come l’Ucraina che a ragione vorrebbero liberarsi dalla morsa dell’orso (ameno in una parte della loro popolazione). Realpolitik, o semplicemente accortezza e buon senso, avrebbero poi significato per l’Europa, che è la vera sconfitta di questa situazione, non legarsi mani e piedi alla Russia per il proprio approvvigionamento energetico, così come all’America e alla Nato completamente per la propria difesa.

È chiaro che le armi del vecchio continente, che con i suoi leader corono affannosamente dal despota a supplicare più che a negoziare, sono ancora una volta completamente spuntate. C’è anche poi anche, infine, qualche osservatore che dice che, dopo tutto, il vero vincitore della partita è Biden, a cui Putin paradossalmente ha finito per dare un ruolo e una consistenza che sembrava aver perduto o che forse non aveva mai avuto. Preziosissima in previsione delle elezioni di Mid-Term. Sarà pure vero, ma si tratta di una vittoria di Pirro per l’America. La quale avrà pure alzato la voce, ma alla fine dovrà comunque accettare che l’Ucraina non entri mai nella Nato. Senza contare che forse molto più saggio sarebbe stato dividere i due despoti amici loro malgrado che oggi contendono agli Stati Uniti la leadership globale: Putin, appunto,  e il molto più pericoloso (non solo per gli interessi dll’America) Xi Jimping.

Corrado Ocone, 20 febbraio 2022

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