Decreto green pass, come il Parlamento lo può cambiare

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di Paolo Becchi e Giuseppe Palma

Il decreto-legge n. 127 del 21 settembre 2021 prevede che a partire dal 15 ottobre tutti i lavoratori del settore pubblico e privato debbano essere in possesso del green pass, pena la sospensione dal lavoro e la perdita della retribuzione fino alla scadenza dello stato di emergenza, al momento fissata al 31 dicembre 2021.

Lo Stato con quel decreto formalmente non ha introdotto l’obbligo vaccinale, ma chi non intendesse vaccinarsi dovrà sottoporsi a tampone ogni due giorni, esclusivamente a sue spese. Insomma, vaccino gratis per tutti e tamponi per i non vaccinati invece a pagamento. È ovvio che si mira in questo modo a “spingere” i cittadini alla vaccinazione, anche in presenza di un giustificato scetticismo da parte di chi non intende sottoporsi alla inoculazione del vaccino. Questo in breve quanto deciso dal governo.

Tamponi a carico dello Stato

Trascuriamo qui il discorso di principio sulla necessità di un pass per andare a lavorare o all’università, che presenta – a nostro avviso – diversi profili di incostituzionalità. E concentriamoci sulla possibilità prevista per i riottosi in alternativa al vaccino del tampone. Cosa potrebbe fare il Parlamento? Al fine di bilanciare i valori costituzionali in gioco e ridare dignità al principio cardine dell’ordinamento, quello del lavoro, il Parlamento potrebbe porre a carico dello Stato il costo dei tamponi per i lavoratori, sia del settore pubblico che di quello privato, consentendo al lavoratore di recarsi sul luogo di lavoro mantenendo così la retribuzione, necessaria per il sostentamento suo e della sua famiglia. In questo modo verrebbe garantito sia il diritto al lavoro sia la tutela della salute, senza che quest’ultima gravi sulle tasche delle famiglie.

In assenza dell’obbligo vaccinale, occorre dirlo, non è accettabile costringere il lavoratore a supportare per intero l’onere economico del tampone ogni 48 ore pena la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, altrimenti la libertà di non vaccinarsi si trasforma in un obbligo indiretto, senza che lo Stato se ne assuma peraltro le relative responsabilità.

Equiparare i tamponi

Altra modifica necessaria – lo ribadiamo da tempo – sarebbe quella di equiparare i tamponi cosiddetti nasali a quelli salivari, non solo molecolari (come già oggi è) ma anche quelli rapidi che danno il risultato dopo 15-20 minuti. E se proprio non si vogliono rendere gratuiti i tamponi, quantomeno si abbassi il prezzo da 15 a 8 euro, consentendo che il rilascio del green pass avvenga anche a seguito di tampone salivare rapido, rendendolo altresì valido per 72 ore.

Queste modifiche sono il frutto di un ragionevole bilanciamento tra principi costituzionali, e renderebbero quanto previsto dal decreto meno invasivo, con conseguente tutela sia del lavoro che della salute. Insomma, le soluzioni di compromesso ci sono.

Non è giusto che i cittadini vaccinati paghino i tamponi a quelli che hanno deciso di non vaccinarsi. Una obiezione questa che spesso si sente ripetere, ma non sta in piedi. La campagna vaccinale è costata finora allo Stato circa 1,5 miliardi di euro, cifra destinata a salire – secondo le stime – fino a 5,7 miliardi. Non si vede allora perché lo Stato non possa stanziare poche centinaia di milioni di euro per garantire al 20% della popolazione non vaccinata la gratuità dei tamponi o un dimezzamento del loro prezzo.

Il governo purtroppo va avanti per la sua strada e non intende tornare su suoi passi, ma il decreto-legge – perché conservi i suoi effetti – deve essere convertito in legge dalle Camere entro sessanta giorni, pena la perdita di efficacia sin dalla data della sua entrata in vigore. Finora il Parlamento, da quando è scoppiata la pandemia, si è sempre limitato a ratificare le decisioni del governo. Ora però siamo di fronte ad un nodo decisivo che intacca la vita di milioni di lavoratori e quasi due milioni di studenti universitari. Se si vuole evitare che in autunno si infiammino le piazze e aumentino le proteste da parte di lavoratori e studenti un modo ci sarebbe. Il Parlamento con la legge di conversione potrebbe modificare le disposizioni del decreto. Lo farà? non lo sappiamo, ma la Lega potrebbe almeno provarci.

 

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