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È morto Sven Goran Eriksson

L’ex allenatore di Lazio e Inghilterra si arrende al tumore incurabile. Il suo ultimo messaggio: “È stato un viaggio fantastico. Addio”

sven goran eriksson tumore © soccer field tramite Canva.com

È morto Sven Goran Eriksson. Il calcio piange l’ex allenatore di 76 anni deceduto oggi dopo una lotta contro il tumore.

Il mister dei miracoli, capace di vincere con la Lazio uno storico scudetto nel 2000, aveva scoperto da poco un tumore incurabile. Dopo l’annuncio, il mondo del calcio si era stretto attorno a lui in un commovente abbraccio. Eriksson aveva girato i “suoi” stadi per ricevere il saluto dei suoi tifosi. Già Ct dell’Inghilterra, in Serie A ha allenato anche la Fiorentina, Sampdoria e Roma. Ma ha portato la sua filosofia anche in Portogallo e in Cina.

L’annuncio è stato dato dalla famiglia. “Dopo una lunga malattia, Sven Goran Eriksson è morto questa mattina a casa, circondato dalla famiglia”, si legge in un comunicato diramato dai media britannici. “I più stretti partecipanti al lutto sono la figlia Lina, il figlio Johan con la moglie Amana e la nipote Sky, il padre Sven, la fidanzata Yanisette con il figlio Alcides, il fratello Lars-Erik con la moglie Jumnong. La famiglia chiede rispetto per il loro desiderio di piangere in privato e di non essere contattati”.

Eriksson ha scritto la storia della Serie A. Con “la Lazio più forte di sempre” è riuscito a conquistare sette trofei, tra cui una Coppa delle Coppe e una Supercopa Europea. Allenatore d’altri tempi. Pacato. Preciso. Composto. Forse erroneamente definito “freddo”, non in grado di creare quell’empatia che invece è riuscito a tirare fuori in questi ultimi mesi di battaglia contro il cancro al pacreas. Aveva una sorta di missione, Sven, dopo l’annuncio del tumore incurabile: portare un messaggio di vita, di gioia, di amore in quegli stadi che ha solcato per centinaia e centinaia di volte.

Nei giorni scorsi, intervistato da Amazon Prime per un documentario, il tecnico svedese aveva lasciato il suo testamento spirituale. Non cercava pietà. Voleva donare un sorriso: “Grazie di tutto, agli allenatori, ai giocatori, ai tifosi. È stato un viaggio fantastico. Addio”, aveva detto l’allenatore. “Ho avuto una bella vita. Penso che tutti abbiamo paura del momento in cui si muore, ma anche la morte fa parte della vita. Bisogna imparare ad accettare il proprio destino. Spero che alla fine la gente dirà che sono stato una brava persona, anche se non tutti lo diranno. Ma spero che gli appassionati di calcio mi ricorderanno come un uomo positivo che ha fatto tutto quello che poteva fare. Grazie per tutto, agli allenatori, ai giocatori, ai tifosi, è stato un viaggio fantastico. Prendetevi cura della vostra vita. Vivetela”.

Articolo in aggiornamento