È tornato un marziano a Roma

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Sarà l’immobilità del semestre bianco ad averlo attirato, per osservare da vicino una realtà che è destinata a restare stabile almeno per i prossimi sei mesi. Una buona occasione per capire e magari riferire a chi è lontano ma vuole sapere qualcosa sul mistero della politica italiana. La litigiosità apparente non lo disturba. Si chiama Tunk. Dicono che sia il nipote di Kunt. È un marziano caduto a Roma. Ma senza astronave, visto che quella del suo parente raccontato da Ennio Flaiano, nel 1954, finì pignorata.

Come sia arrivato non è dato saperlo. Ma ha una lista di nomi da “verificare”. Come può un Paese dato per morto, hackerato, pasticciato, diventare la locomotiva d’Europa, con un tasso di crescita del 5,5%? Sarà per il valore della sua classe dirigente? Gli occhi di Tunk non sono rivolti ai “migliori”. La razza dei Draghi – lo dice la parola stessa – sembra aliena alla consuetudine italiota, anche pronta ad adeguarsi. La sua indagine si rivolge agli “altri”. A Tunk interessa capire come un venditore di bibite allo stadio possa essere passato per tre importanti ministeri negli ultimi tre anni, senza fare danni irreparabili e oggi essere nel “Governo dei migliori”. Oggi è ministro degli Esteri, con un inglese balbettante e una geografia mentale zoppicante. Qual è il mistero che lo avvolge? Tunk chiede e osserva ma ancora non ha trovato risposte. Ma solo altre domande.

Come si diventa terza carica dello Stato con un Erasmus a Helsinki e un incarico di pr per una pizzeria di Napoli? O come si diventa influente viceministro dell’Economia dopo aver ricoperto il ruolo di steward allo stadio di Torino? Ma Tunk non ha pregiudizi ideologici e politici. Come suo nonno “sembra che il marziano conosca molto bene la nostra situazione economica, sociale, politica. È un uomo di maniere semplici ma compitissime. Quando gli hanno chiesto perché avesse scelto proprio Roma per la sua visita ha sorriso finemente. Sembra anche che si tratterrà a Roma molto tempo, forse sei mesi”. Sei mesi per Kunt. Sei mesi per Tunk.

Prima di scendere sulla Terra ha fatto molte letture e si chiede come il leader di uno dei partiti italiani maggiori possa aver fatto lo stesso errore di Esaù. Quello cedette la primogenitura per un piatto di lenticchie, questo dicono – rimugina Tunk – per un mojito di troppo ha lasciato il governo per poi rientrarci dalla porta di servizio. E uno dei suoi scudieri – Tunk confonde a volte i ruoli, e pensa che i governatori di Regione siano poco più che alfieri del capo di partito – ama travestirsi da donna per fare spettacoli, tra un atto di governo e un altro. Tunk non è omofobo, non si scandalizza, ma gli avevano detto che in quel partito ci fosse qualche ipersensibilità sul tema.

Un altro dei misteri su cui indaga Tunk è la metamorfosi della leadership del partito che – così ha imparato leggendo i giornali italiani – si vanta di essere garanzia di stabilità e di centralità democratica. Sette anni fa il premier di quel partito fu cacciato (136 voti contro 16) e oggi è tornato a guidare lo stesso partito. Solo gli idioti non cambiano idea, ma chi ha cambiato idea? E su che cosa? Quello stesso partito sparò “palle incatenate” – è un’espressione libresca che è piaciuta a Tunk, nelle sue letture preparatorie – contro un ministro, all’epoca alla Pubblica Istruzione, e oggi ancora ministro dello stesso governo votato da quel partito. Anche in questo caso i cambiamenti sono il sale della vita, ma a condizione che se ne comprenda la ragione e si ammettano i torti.

L’elenco dei misteri di Tunk è lungo: vede un ex ministro votare con entusiasmo una riforma che cambia quella che aveva proposto, vede un ministro “migliore” accontentarsi di pasticciare una riforma che avrebbe potuto riscrivere dall’alto della sua competenza, vede un ex presidente del consiglio che patteggia un ruolo pubblico con un ex comico, vede cose che noi italiani forse nemmeno vediamo più. Il nostro marziano crede di avere una spiegazione non nuova, ma ancora valida, come quella che scrisse l’amico di suo nonno: “La situazione politica in Italia è grave, ma non seria”.

Antonio Mastrapasqua, 7 agosto 2021

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