La Fiducia è un Canone Inverso

Cresce all’ombra di alberi capaci di offrire riparo quando tutto intorno c’è tempesta.

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Canone inverso

E’ il mese di febbraio 2020 quando scrivo a proposito di Coraggio e di Fiducia. Affermo la necessità di tenere forte l’uno per non smarrire l’altra. Scrivo di quanto coraggio ci voglia per investire nella direzione della fiducia a dispetto dello status quo, e, dell’emergenza del momento. Difficile a dirsi ma indispensabile a farsi, proprio quando tutto intorno vacilla. E mentre ne scrivo, ora come, allora, immagino di avere per lettore ogni mio cliente. Parlo proprio a loro in un momento in cui è così facile cedere al panico. Non serve ripercorrerlo.

E’ trascorso un anno. Oggi la musica sembra stare cambiando.
E’ bastata una voce, fuori del coro, a invertirla. Non si tratta, di certo, di una voce qualsiasi, né tantomeno di uno spartito banale. Sta accadendo ciò che capita in musica quando si esegue un “canone inverso”: la voce di dopo si muove in senso talmente contrario rispetto alla voce di prima da sovvertire l’intero ordine delle note. La percezione ne resta rapita. Lo vediamo in questi giorni. Anzi, lo sentiamo. E’ cambiato il vento.

 

Cosa lo evidenzia?

L’improvvisa impennata di fiducia. E lo testimonia una risonanza che, non sbaglio ad aggiungerlo, valica perfino i confini nazionali. Per capire cosa stia cambiando, e perché, seppur a parità di contesto sanitario, economico e politico a dir poco disperati, basterà ripensare all’ultima volta in cui ci siamo fidati di qualcosa o di qualcuno.

Ricordarcene, apre alla soluzione: la fiducia è un sentire. E’ più vicino all’istinto che alla ragione, ed ha poco o nulla a che fare con ciò che si può misurare con il metro o la squadretta. Perché la fiducia si sviluppa a prescindere e, così facendo, intanto risolve. Innesca il più potente dei moventi, aziona l’istinto più resiliente e attrae l’inverosimile, rendendolo perfino possibile.

Sta accadendo ora. E’ sotto gli occhi di tutti: i nostri che guardano i grafici della paura appiattirsi e quelli dell’ottimismo impennarsi, e quelli di chi quei grafici ci chiede di interpretarli. Succede in questi giorni. Come un deus ex machina in giacca e cravatta, con il sorriso appena accennato e la parola dosata quanto basta, Il Presidente Mario Draghi aggiunge, togliendo: dichiarazioni, quelle che servono; presenza televisiva, unicamente quando prescritta. E per il tempo che necessita.

La stessa condivisione della lista dei ministri enunciata, come dubitarne, non prima della chiusura dei mercati finanziari, venerdì sera. Si chiama Know-how.

E’ bastato che si affacciasse lui sul palcoscenico politico italiano perché tutta la scenografia alle sue spalle ruotasse facendo perno sul proprio asse, come a voler cambiare di stagione per offrire una prospettiva diversa al pubblico in sala. L’aria che si respira sembra già un’altra, pur senza che sia cambiata la platea, e, tanto meno la pièce teatrale in scena. Pandemia e debito pubblico restano, di fatto, le priorità più drammatiche da affrontare nell’immediato.

Ma anche solo il nome di questo Presidente, voluto e non creato, comunica serietà. E non solo tra i connazionali: è notizia di questi giorni quanto sia migliorata la reputazione del nostro paese proprio grazie alla fiducia internazionale da sempre riconosciutagli.

Un profilo reputazionale, dunque, che lo anticipa nel passo e lo precede in uscita: un’autorevolezza di cui si è sentita, da qualche tempo, la mancanza in una situazione sociale, politica ed economica dove nulla e nessuno ne sono sembrati più garanti.

 

Francesca Lauro

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