Decreto sostegni: scarse le risorse alla luce dei nuovi lockdown

Rassegna stampa del 25 febbraio 2021

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Il vaccino per la salute sta iniziando ad arrivare ma per il vaccino dell’economia ci vorrà ancora molto tempo. Commentando il Decreto Sostegni, il Presidente Draghi ha detto una grande verità in conferenza stampa. Si tratta di misure assolutamente insufficienti per imprese e partite iva.

I 32 miliardi erano stati autorizzati dal Parlamento per coprire le chiusure a cavallo delle feste di Natale. Adesso siamo a marzo inoltrato, tutti in “quasi lockdown” con la prospettiva di arrivare in questa situazione a maggio. Oppure c’è forse qualcuno che pensa che riapriremo tutto per il ponte del 25 aprile e del 1 maggio per far ripartire la quarta ondata?

Secondo il Centro Studi di CONFASSOCIAZIONI, tra 2020 e inizio 2021 abbiamo perso più di 350 miliardi di fatturato, senza contare il nero che si sta espandendo a macchia d’olio, anche a causa della criminalità organizzata e dell’usura.

Certo, nel nuovo Decreto è stata finalmente eliminata l’iniquità dei codici Ateco ma, che siano 2.500 o 3500 euro quelli che riceverà la platea di oltre 3 milioni di beneficiari, stiamo parlando di cifre totali che hanno una forchetta tra i 4 e gli 8mila euro nel periodo 2020 e 2021. Una cifra che non copre nemmeno il 5% dei costi fissi sostenuti da coloro che sono stati costretti a chiudere per periodi prolungati.

Serve subito un nuovo scostamento per salvare imprese e partite IVA dei settori più colpiti come studi professionali, ristoranti, bar, alberghi, servizi alla persona (parrucchieri, barbieri, estetisti), eventi, palestre, piscine, discoteche, attività culturali. E, dunque, non solo gli ulteriori 20 miliardi ipotizzati dal Governo: fatti i calcoli su quanto perso anche nel 2021 e su quello che si perderà fino a maggio, ce ne vorrebbero almeno 50.

E questo perché, anche con gli 11,5 miliardi del Decreto Sostegni, arriviamo a circa 40 miliardi di euro a supporto di imprese e partite IVA. Una cifra che è solo il 25% dei 180 miliardi di euro stanziati complessivamente tra scostamenti e Legge di Bilancio.

Nello stesso periodo in Germania, al sistema imprenditoriale e professionale è stato indirizzato quasi il 60% degli oltre 300 miliardi stanziati. E’ vero che esiste il capitolo CIG ma le imprese più grandi la pagano di tasca propria. Mentre, per le più piccole, il costo del lavoro è una componente meno importante rispetto ad altri costi fissi.

D’altra parte, bisognerebbe iniziare anche a fare ragionamenti settoriali. La pandemia non ha confini ma l’economia della pandemia li ha e sono molto precisi. Alcuni settori, come logistica, tecnologia, farmaceutico e alimentare per la GDO, guadagnano. Altri come turismo, commercio, ristorazione e servizi professionali sono fragilissimi e, avendo consumato patrimonio e altre risorse negli ultimi 12 mesi sono a rischio chiusura.

Ecco perché la necessità più urgente rimane comunque la liquidità in due modalità diverse: aprire i rubinetti del credito e, allo stesso tempo, capire come non drenarla inutilmente con cartelle esattoriali magari giuste ma che, in questo momento, non potrebbero essere onorate.

Perché se una partita iva chiude o un’impresa porta i libri in tribunale, si distrugge capacità produttiva e occupazionale oltre a quella fiscale che ne deriva. Altro che il timido intervento sulle cartelle e la pur gradita decontribuzione di 1,5 miliardi. Altrimenti, stimiamo che, nei prossimi 9 mesi, rischiano di chiudere almeno 1 impresa su 4 sotto i 10 dipendenti, che sono circa 4 milioni.

 

Angelo Deiana

 

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