Insieme si vince

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Cooperazione 2

Racconta Stephen Covey, il noto consulente americano, che una volta gli fu chiesto di lavorare per un’azienda il cui presidente era molto preoccupato per la mancanza di cooperazione dei suoi collaboratori. Egli gli chiese di approfondire la cosa e di sviluppare un programma di relazioni umane che potesse risolvere il problema.

Covey trovò che effettivamente c’era in azienda molto egoismo e molta mancanza di volontà di cooperare. Tornò dal Presidente e, mentre parlavano della situazione, notò che dietro a una tenda nel suo ufficio c’era appeso un cartellone. Su di esso erano mostrati una pista ippica e un numero di cavalli da corsa allineati sulla linea di partenza. Sovrapposta alla testa di ciascun cavallo c’era la faccia di uno dei suoi manager.  Alla fine del percorso spiccava una fotografia di un bellissimo panorama delle Bermude, al centro del quale appariva una coppia romantica che camminava mano nella mano su una spiaggia di sabbia bianca.

Una volta alla settimana il Presidente riuniva tutti i suoi manager in questo ufficio e parlava loro di cooperazione. “Lavoriamo insieme”, diceva “Se lo facciamo, guadagneremo sempre di più”. Poi apriva la tenda ed esclamava, indicando il cartellone: “Chi di voi questa volta vincerà il premio delle Bermude?”

C’era nel suo comportamento una grossa contraddizione: voleva che i suoi uomini lavorassero insieme, ma li metteva allo stesso tempo uno in concorrenza con l’altro.

Covey accettò l’incarico e cercò di perseguire l’eccellenza personale e organizzativa del gruppo in un modo completamente diverso; egli riuscì nel suo compito non stimolando le persone a competere, ma sviluppando sistemi premianti che rinforzassero il valore della collaborazione.

 

LEZIONI DA IMPARARE

Il successo di un gruppo di persone deriva soprattutto dalla qualità delle relazioni interpersonali: e queste sono influenzate dalla maturità del carattere dei membri del gruppo.

Ora il carattere è “maturo”, se la persona che lo possiede ha raggiunto un giusto equilibrio fra coraggio e considerazione.

 

Spieghiamoci meglio.

Se la persona è capace di esprimere i suoi sentimenti e le sue convinzioni con coraggio e al tempo stesso apprezza sentimenti e convinzioni dell’altra persona, egli è maturo nel carattere ed è adatto al lavoro di gruppo.

A seconda di come questi due elementi:

  • coraggio nel manifestare i propri sentimenti
  • considerazione per le convinzioni degli altri,

sono modulati nel carattere delle persone, queste gestiscono in modo diverso le interazioni con gli altri e in particolare determinano lo stile manageriale delle persone sul posto di lavoro.

 

LE 4 PRINCIPALI SITUAZIONI CHE SI POSSONO IDENTIFICARE

  • La prima è quella in cui i protagonisti dell’interazione “vincano” entrambi. Gli americani la chiamano “Win-Win”.

Essa è uno stato d’animo costantemente alla ricerca di un beneficio condiviso da entrambe le parti. Con questa filosofia le parti sono a loro agio con le decisioni assunte collettivamente e si sentono impegnati a realizzare insieme il piano sviluppato insieme.

“Win-Win” si basa sul paradigma che può esserci “gloria per tutti” e che il successo di una persona non deve essere ottenuto a spese del successo di altri.

Per rappresentare graficamente questa situazione, possiamo tracciare una matrice che nei due assi ha rispettivamente il coraggio e la considerazione. Laddove coraggio e considerazione sono alti, cioè nel quadrante in alto a destra della matrice, risiede la filosofia “Win-Win”.

Una persona che ha fatto sua la filosofia “Win-Win” come descriverebbe il suo ruolo manageriale?

“Mi impegno duramente e gli altri mi seguono con entusiasmo. Ascolto le opinioni e le idee diverse dalle mie. Riesamino costantemente fatti, opinioni e posizioni mie e degli altri per verificarne la validità. Se mi vengono presentate idee migliori delle mie, cambio parere. Quando si verificano dei contrasti, ricerco i motivi che li hanno provocati per risolverne le cause. Il “teamwork”? Non saprei lavorare senza!”

 

  • Una alternativa a “Win-Win” è “Win-Lose”, cioè il paradigma del “contest delle Bermude”. Essa significa “io vinco se tu perdi”.

Questa filosofia è tipica dell’approccio autoritario. Le persone “Win-Lose” sono portate a usare il loro potere e la loro personalità per affermare la loro posizione.

Certamente c’è un posto per il “Win-Lose” nelle situazioni fortemente competitive e dominate dalla sfiducia. Ma la maggior parte della vita e del lavoro non è una competizione. Molti dei risultati che vogliamo ottenere dipendono dalla cooperazione e non dalla competizione con gli altri.

Approfondiamo un po’ il modo di concepire il ruolo manageriale da parte di una persona “Win-Lose”. Potrebbe dire:

Indago su fatti, opinioni e posizioni in modo di avere il controllo di ogni situazione e di assicurarmi che gli altri non commettano errori. Sostengo a spada tratta le mie opinioni anche quando, per farlo, devo rifiutare quelle degli altri. Quando si verificano dei contrasti, cerco di avere la meglio. Ci tengo a decidere di persona e raramente mi faccio influenzare dagli altri. Non perdo occasione di far notare le carenze di una persona e i casi in cui non è stata all’altezza del proprio compito. Il “team work”? Che cos’è?”.

Nella nostra matrice, il quadrante relativo alla filosofia “Win-Lose” è quello in alto a sinistra.

  • Alcune persone sono invece programmate sul contrario, “Lose-Win”. “Io perdo, tu vinci” è il senso di quell’approccio, “Io sono un perdente, lo sono sempre stato”, “Io sono pacifico e farò di tutto per non entrare in urto con te”.

La situazione “Lose-Win” è più critica di quella “Win-Lose”. Ciò perché “Lose-Win” non comporta richieste, né aspettative, né visione. Le persone, che ragionano così, solitamente sono facili da soddisfare o da pacificare.

Ascoltiamo il punto di vista del manager “Lose-Win”: “Per amore di armonia, non ho la tendenza a contestare gli altri. Evito di provocare contrasti, ma quando essi si verificano, cerco di calmare gli animi e mantenere unite le persone. Prendo decisioni che permettano di mantenere buoni rapporti. Dispenso incoraggiamenti e lodi, quando avviene qualcosa di positivo, ma evito di dare informazioni di ritorno su esiti negativi. Il “teamwork”? Il mio maggior impegno è essere d’accordo con tutti”.

La posizione nella matrice è quella in basso a destra.

 

E andiamo alla quarta situazione, rappresentata dall’ultimo quadrante in basso a sinistra.

  • Quando due persone “Win-Lose” si incontrano, cioè due persone testarde e prepotenti, il risultato sarà “Lose-Lose”.

Entrambe “perderanno”: infatti diventeranno così concentrate sul “nemico”, così ossessionate dal comportamento dell’altra persona da risultare accecate da tutto tranne il loro desiderio che l’altra persona ceda, anche se ciò potrebbe significare la sconfitta di entrambi. E il manager “Win-Lose”, una volta sconfitto, cadrà in uno stato d’animo di disimpegno, di non collaborazione attiva, il classico caso del “non ci gioco più”. Che cosa allora direbbe del suo ruolo organizzativo?

“Faccio quello che basta per cavarmela. Mi accontento dei fatti, opinioni e posizioni che mi sono comunicati. Tengo per me il mio parere e mi esprimo solo se chiamato in causa. Evito di prendere posizione, rimango neutrale e cerco di non essere coinvolto in un contrasto. Lascio che siano gli altri a prendere le decisioni e mi adatto alla situazione. Il “teamwork”? Mi auguro di non essere coinvolto.”

 

Tutto ciò suggerisce che la filosofia “Win-Win” sia quella preferibile, nella vita come nel lavoro.

La domanda allora è:

“Che cosa possiamo fare per collocarci nel quadrante in alto a destra?”

Per rispondere a questa domanda vi invito a leggere la breve storia che segue, la quale potrà darci qualche suggerimento.

 

PICCOLA STORIA INSEGNA

Un uomo morì e San Pietro gli chiese se gli sarebbe piaciuto andare in paradiso o all’inferno. L’uomo domandò di poter vedere entrambi prima di decidere.

San Pietro lo portò prima all’inferno. Lì l’uomo vide una grande sala dove era posizionato un lungo tavolo, su cui erano esposti molti tipi di cibo. Vide anche tante persone in fila per accedere al tavolo: avevano facce pallide e tristi, sembravano affamate e non si sentivano risate.

E osservò un’altra cosa: le loro mani erano legate a forchette e coltelli i cui manici erano lunghi oltre un metro e cercavano di prendere il cibo dal centro del tavolo per portarlo in bocca. Ma ovviamente non ci riuscivano.

 

Quindi, San Pietro lo portò a vedere il paradiso. Lì vide una grande sala con un lungo tavolo, con molto cibo. Notò file di persone su entrambi i lati del tavolo con le mani legate a forchette e coltelli i cui manici erano lunghi oltre un metro. Ma qui la gente rideva, era nutrita e aveva un aspetto sano. Notò che le persone, che non sarebbero riuscite ad alimentare sé stesse, riuscivano invece facilmente a dare da mangiare a quelle dall’altra parte del tavolo.

Il risultato era felicità, prosperità, divertimento e gratificazione: perché usavano un metodo vantaggioso per tutti.

 

LESSON LEARNED

Lo stesso vale per le nostre vite. 

Quando serviamo la nostra società, i nostri clienti, le nostre famiglie, i nostri datori di lavoro e dipendenti, vinciamo automaticamente.

L’antica saggezza ci insegna che la nostra prima responsabilità è verso la comunità, la seconda verso la nostra famiglia e la terza verso noi stessi. Quando questa gerarchia viene modificata, la società inizia a degenerare.

La responsabilità sociale dovrebbe essere l’obbligo morale di ogni cittadino. 

Responsabilità e libertà vanno di pari passo.

Concludo con alcune ottime parole di sintesi pronunciate sempre da Stephen R. Covey:

“Win-win è credere in una terza alternativa. Non è il mio punto di vista, non è il tuo, è uno migliore, uno più illuminato.”


Edoardo Lombardi, 21 giugno 2022 

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