Economia

Italia e Svizzera alla guerra del gianduiotto

Lindt si oppone alla richiesta di disciplinare Igp Piemonte per il cioccolatino. In gioco l’uso del latte e la qualità delle nocciole

Tra Italia e Svizzera è guerra del cioccolato. Sugli opposti fronti multinazionali del settore come la piemontese Ferrero, che ha il suo cuore ad Alba, e la svizzera Lindt con oggetto del contendere il Gianduiotto, simbolo e orgoglio dello spirito sabaudo che scalda gli inverni torinesi insieme al “bicerin”. Il motivo è presto riassunto: Torino vuole ottenere il bollino Igp per il suo cioccolatino: Identificazione geografica protetta, perchè per la tradizione vuole che il Gianduiotto debba contenere unicamente questi tre ingredienti:

  • nocciola (appunto Igp) del Piemonte
  • massa di cacao
  • zucchero.

 

Una ricetta perfetta, secondo i puristi dell’olfatto che si inebriano di profumi appena liberano il “mattoncino” del Gianduiotto dal suo inconfondibile involucro dorato. Non la pensa così, però, la svizzera Lindt che, nella patria delle montagne oltre che delle banche e degli orologi di lusso, vuole inserire nel disciplinare del cioccolatino piemontese proprio il latte e quindi si oppone alla richiesta Igp avanzata dall’Italia a Bruxelles. Il progetto Igp per il Gianduiotto, nato nel 2017, è supportato sia da alcuni atenei sia da molti gruppi italiani: accanto a  Ferrero sono schierate icone storiche del settore del cioccolato come Venchi, Gobino, Peyrano o Domori. Alla svizzera Lindt, tuttavia, non va proprio giù il divieto all’uso del latte e, probabilmente, ancora meno il vincolo inserito nel disciplinare avanzato dall’Italia di impiegare almeno il 30% di Nocciole Igp Piemonte, che sono tra le più apprezzate dai gourmet ma anche le più costose sul mercato.

 

Visto il successo planetario della Nutella, difficile pensare che Ferrero non si intenda di nocciole e lo stesso vale per gli altri maitre chocolatier italiani. Ma c’è di più, perché Lindt si è opposta al disciplinare Igp  proprio tramite un brand italiano, Caffarel, che ha rilevato nel 2021 salvandolo dalla crisi.  Ed è proprio il gruppo a cui si deve l’intuizione del Gianduiotto, nato nel laboratorio del suo fondatore Pier Paul Caffarel.

 

Si prospetta insomma un altro attacco al cibo made in Italy. Un conflitto tanto goloso al palato quanto spietato sul fronte commerciale, il risultato potrebbero essere due tipi di Gianduiotto: uno Igp Piemonte, certificato e quindi più caro, da palati gourmet; l’altro sicuramente altrettanto buono ma meno blasonato. Naturale che marchi del cioccolato di lusso come Domori, Venchi o Gobino partecipano alla contesa, ma anche che una multinazionale come Lindt non molli. Come si schiererà la politica? Che cosa diranno il governo e il ministro dell’Agricoltura nonchè della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida? Oltre all’orgoglio del cioccolato piemontese in gioco ci sono gli equilibri di un mercato dei dolciumi dai numeri rilevanti se si pensa che sei famiglie italiane su dieci, secondo Ipsos e Confesercenti, hanno appena finito di festeggiare Halloween con un spesa media di 67 euro ciascuna.

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