Quando si dice: “proviamo a riavviare il Sistema”

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Quando si dice: "proviamo a riavviare il Sistema"

Quando si dice: “proviamo a riavviare il Sistema”. Dall’inizio del lockdown a oggi sembra trascorso poco più di un attimo, eppure siamo passati dalle coscienze sedate alle tasche cucite. Con la chiusura totale di ogni attività umana abbiamo assistito a un cambiamento radicale di tutte le nostre abitudini di vita.

La nuova parsimonia indotta dall’arresto cardiaco del pianeta ha, in primis, addormentato le nostre memorie d’acquisto, mettendo in pausa i ritmi forsennati della nostra quotidianità; ne ha alleggeriti gli assalti quotidiani, quelli subiti e quelli perpetuati (inconsapevolmente), e per forza centrifuga. Questo stato di cose ha somigliato e somiglia tuttora a una specie di sonnolenza che ci spinge avanti per inerzia in giorni che si muovono lenti, al ritmo di un trentatré giri.

Intanto, qualche bagliore di luce all’orizzonte: è notizia di queste ultime ore che si cominci a ragionare di un graduale allentamento delle misure restrittive. Si torna a pianificare la prossima riapertura, a step, di alcune delle attività essenziali.
Merito della discesa significativa dei nuovi contagi e della diligenza con cui ne abbiamo osservato il distanziamento sociale. Il trend in corso appare, di fatto, in riduzione e conferma sia l’una sia l’altra.

Le “mani in alto” ai posti di blocco stradali e le braccia incrociate per il resto del giorno di chi non può proporsi attraverso il lavoro agile, testimoniano altresì l’efficacia del sistema di vigilanza e la puntualità di tutti nell’osservarlo. Tra la fase 1 e la fase 2, intanto in mezzo c’è l’innegabile dormiveglia del Globo che ha indotto a fare risparmio forzoso. Anzi, forzato. Abbiamo risparmiato energia e ridotto gli sprechi; attenuato l’inquinamento e ripulito l’aria.

Il tutto fa pensare davvero al riavvio del Sistema.

Ma mentre risparmiamo di spendere in consumi, di accumulare punti in millemiglia, e di consumare in generale, cosa accade al mondo dell’economia e della finanza? Accade che l’Oro Nero attraversa uno degli shock petroliferi più maestosi della storia: la discesa in caduta libera del prezzo di questa poderosa materia prima ci fa inquadrare bene la metamorfosi che è in corso, con tutte le sue “aderenze macroeconomiche” annesse e connesse.

Perché le nostre auto rimaste ferme nei garage, le motociclette incatenate ai pali sul ciglio delle strade, gli stormi infiniti di uccelli di ferro a terra negli hangar degli aeroporti di tutto il mondo, e i treni che dormono in stazione richiedono carburante per animarsi.

Basti allora, per tutti, l’esempio di questo straordinario domino: l’iperproduzione (rispetto alle attuali esigenze) di greggio e il suo inevitabile invenduto.  Le sue immancabili conseguenze che vanno dall’ingombro delle scorte inevase, da un lato, al tonfo dei prezzi inesorabilmente sempre più schiacciati verso il pavimento, dall’altro.

Questa crisi, a guardarla dritta negli occhi, ha indubbiamente qualcosa d’inedito: pur originandosi fuori del perimetro economico-finanziario riesce, per induzione, a trascinare giù con sé anche l’economia e la finanza globali. Ci spiegano che non si tratta di problematiche di natura endogena, e lo abbiamo compreso, ma sta di fatto che arrivano ugualmente a contagiare l’intero pianeta, pur mossi da altri tipi di emergenze.

Ma cos’altro succede di contro e per effetto dello scioglimento della treccia delle “vite globalizzate”?

Bisogna volgere lo sguardo Oltre, per trovare la risposta..

All’uomo semplice che si domanda per quanto tempo, ancora la pandemia da nuovo coronavirus gli imporrà importanti restrizioni alle sue libertà di movimento, non gli si dica che le risposte facili sono finite. E’ indubbio, infatti, che per tornare a muoversi per lavoro, a viaggiare, a frequentare locali e in sintesi a “incontrare il Mondo” dovrà trascorrere ancora del tempo, ma gli si chieda piuttosto:

“Su che tipo di Terra ti piacerebbe tornare a camminare”?

Ipotizziamo per un attimo che alla liberalizzazione di tutto, NON TUTTO torni esattamente allo stato precedente.
Immaginiamo per esempio che in primis sia il clima, grazie al potenziale risparmio in emissioni di CO2, a non fare più retromarcia rispetto alle condizioni pre-crisi, seguito a ruota dal rafforzamento dell’assistenza sanitaria e dalla restituzione delle sue tutele e del senso di sicurezza. Si pensi alla maestosità delle possibilità legate alla riconversione energetica.

In tutta onestà penso che non tutto ciò che si è alterato nei nostri ritmi di vita e nei nostri modelli d’azione sia augurabile che torni allo stato prepausa. Per aggiungerne un’altra: non è forse proprio grazie a tutto quello che stiamo attraversando che ci siamo appena resi conto di quanto le nostre case siano già piene di tutto ciò che ci occorre, quando fino a un attimo fa ci sarebbero sembrate drasticamente vuote?

E non vi appare ora più evidente che accumulare bulimicamente un’infinità di oggetti non serva in fondo a fortificarci o a immunizzarci dall’incerto? Al contrario.
Insomma resto convinta che non ci sia da compiacersi se tutto si azzerasse per mezzo di una semplice transizione, con ritorno al passato. E’ senz’altro per questo che mi capita di ragionare in questi giorni e così più volentieri con i miei clienti anche d’investimenti ESG.

“Quante volte ti è capitato, in questi giorni, di vedere passare in tv le immagini dal canale di Venezia tornato limpido e cristallino, oppure quelle dal satellite che inquadrano la pianura padana e la sua aria buona?”, [domandavo a uno di loro proprio ieri].

Il blocco totalitario di tutte le attività, volendo guardare l’altra faccia della medaglia, sta facendo respirare meglio il Nostro Pianeta. L’hai notato anche tu? Ecco. Esistono aziende sul mercato che si occupano di creare sviluppo con lo sguardo attento all’impact investing, all’accesso alla sanità e alle sue tutele, ai temi ambientali e sociali in un’ottica di crescita ispirata ai principi della “sostenibilità”.

Ti sembrerebbe utile investire una parte delle tue risorse anche in direzione di temi di questo genere?

“Sì, Facciamolo”!

E’ a questo punto che mi viene da pensare che quanto subito abbia più a che fare con un passaggio di stato, piuttosto che con una “banale” crisi di sistema: se avrà la capacità di ridisegnare dinamiche di vita, di pensiero e di sviluppo del tutto nuove, allora sì che il futuro diventerà declinabile al plurale.

Ma, al prossimo risveglio da questo coma indotto, come fare per non dimenticare quanto siamo fragili?

Io, intanto lo scrivo.

E poi? Basterà fare un nodo al fazzoletto?

Dipenderà da noi non dimenticare. Dipenderà da quanto “superfluo” saremo stati capaci di riconvertire in essenziale. Da quanta riconoscenza manterremo viva nella nostra memoria nei confronti, in primis, di una collettività medico-sanitaria che “ha dato tutto”, perfino l’impossibile. A beneficiarne è stato l’intero sistema paese che tra mille difficoltà, inefficienze e ritardi “ha tenuto” e sta continuando a resistere.

Immaginiamo ora, anche solo per un attimo, quali enormi opportunità afferreremmo se a questo ingranaggio dessimo tutti una mano per il futuro. Come?

Attraverso le scelte che faremo in termini di allocazione e utilizzo delle risorse disponibili, parlo sia di quelle naturali sia di quelle finanziarie. Personalmente lascerò andare questo tempo avendo cura di ricordare principalmente a me stessa che non esistono “rendite da posizione” e che le cose belle della vita non sono le certezze.

Le cose belle della vita sono i cambiamenti. Saperli interpretare. Cambiare con essi.

 

Francesca Lauro

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