Age shaming e il diritto delle donne di invecchiare

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Dagli Stati Uniti è giunta la notizia del patteggiamento con dimissioni, al termine di una lunga battaglia legale, per le cinque conduttrici televisive che avevano subito, da parte dell’emittente per cui lavoravano, l’age shaming: una forma di discriminazione delle donne basata sull’età che, in questo caso, aveva condannato all’emarginazione le professioniste, stimate e autorevoli, rimpiazzate da colleghe più giovani e da coetanei maschi.

Oltre dieci anni fa, precisamente nel 2009, la rivista Time annoverò il concetto di “amortalità” fra le 10 idee destinate a cambiare il mondo: un neologismo che indicava l’ostinato desiderio di non invecchiare dei baby boomers, i nati fra il 1946 e il 1964, che vivono in uno stato di adolescenza permanente, raggiunto usufruendo delle più avanzate tecnologie al servizio della chirurgia estetica e della cosmesi, con l’ausilio di un abbigliamento giovanile. Persone che tendono a mantenere uno stile di vita costante nel corso dell’esistenza, in quanto non desiderano, o non possono permettersi come nel caso delle cinque conduttrici televisive americane, di venire incasellate in base alle loro primavere.

Stiamo assistendo, quindi, al dilagare di un’età uniforme che abbraccia tutte le generazioni, unendo senza soluzione di continuità le differenti fasi della vita, modificando gli equilibri sociali e ponendoci fuori dal cerchio del tempo, dove viene smarrito il senso del passaggio da una stagione all’altra della propria esistenza. La ricerca della perfezione corporea, da conseguire attraverso diete miracolose o attraverso la moderna arte della chirurgia plastica, perseguita tutte le generazioni: un’ossessione collettiva per la bellezza e la giovinezza reclamata, ormai, alla stregua di un diritto inalienabile.

La frenesia attivistica, frutto di un rapporto distorto con il tempo, sta logorando tutti e dell’esistenza, un’esperienza da vivere profondamente, si è smarrito il senso: si resta in superficie, consumando velocemente nell’illusione di non venire consumati. E per afferrare il sogno dell’eterna giovinezza si cerca rassicurazione nei progressi della scienza e nel sistematico allontanamento del concetto di vecchiaia. Il libro dell’Ecclesiaste insegna come per tutto ci sia un tempo, per seminare e per raccogliere, per abbracciare e per astenersi dagli abbracci: una stagione per ogni cosa. Ma, sovente, gli adulti sono bloccati in quella zona liminale che dovrebbe rappresentare un momento di transizione, tipica dei riti di passaggio che accompagnano l’evoluzione degli individui e riguardano le fasi critiche dell’esistenza come, per esempio, l’ingresso nella vecchiaia.

Vivendo immobili in una sorta di ibridazione sociale, che non permette di transitare gradualmente dalla primavera all’autunno della vita, di quest’ultima stagione si coglierà solo l’aspetto negativo del decadimento fisico illudendosi di essere liberi di scegliere se accettarlo o meno. Chi smarrisce il senso delle stagioni è fuori dal cerchio ed è spaventato dalla vecchiaia che tenterà di rimuovere con l’inganno, cancellando le rughe e curando esasperatamente il corpo. Nella nostra società il tema della vecchiaia sembra essere ormai assurto a tabù, come in passato lo erano gli argomenti attinenti la sfera sessuale. La finitezza e la fragilità non fanno più parte dell’uomo occidentale in un momento storico nel quale, con la crescita esponenziale della popolazione anziana, ci si affanna a restare in salute fino al termine dei nostri giorni.

Il giovanilismo trionfante non viene percepito come una libera scelta, bensì come una schiavitù alla quale conformarsi per non venire emarginati. Erodoto nelle “Storie” (Libro III, 22-24) narrò delle acque miracolose della Fonte dell’Eterna Giovinezza, presumibilmente collocata in Etiopia, capaci di guarire e ringiovanire chiunque vi si immergesse. Un antico mito che trovò in seguito diffusione nel “Romanzo di Alessandro”, dov’erano narrate le imprese del condottiero macedone fra cui l’avventura nella Terra delle Tenebre alla ricerca della fontana: una leggenda che si rintraccia anche negli scritti dell’esploratore spagnolo Juan Ponce de Leon che, raggiunte le coste della Florida nel 1513, si convinse di aver finalmente trovato la sorgente. Oggigiorno si ricerca la promessa dell’eterna giovinezza nei progressi della medicina rigenerativa, che hanno permesso agli scienziati di scoprire nella telomerasi una sorta di elisir di giovinezza delle cellule, o nel bisturi del chirurgo estetico divenuto una sorta di bacchetta magica.

La Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica continua a registrare un aumento esponenziale di interventi, in quanto è dimostrato che la bellezza paga e l’economista americano Daniel S. Hamermesh ha calcolato come le Veneri arrivino a guadagnare l’otto per cento in più rispetto a colleghe meno avvenenti. Nell’attuale società risulta difficile, quindi, vivere senza sentirsi imbarazzate da un corpo considerato imperfetto o consumato dal tempo: la cultura imperante ravvisa, sempre più spesso, la necessità di rincorrere la bellezza fisica e il protrarsi della giovinezza per non venire emarginate nel mondo del lavoro e nella società, in quanto l’apparire ha rubato la scena all’essere. Invece il futuro della donna andrebbe ricercato nella sua libertà di percorrere la strada a lei più congeniale, senza sentirsi a seconda della scelta compiuta inadeguata agli occhi della società, percependosi in difetto in quanto non aderente a modelli che nascono già logori poiché cercano di ingabbiarla.

Esistiamo per e attraverso lo sguardo degli altri trasformandoci, a volte, alla stregua di oggetti attraenti e desiderabili. Ci siamo auto inflitte la pena di vivere con disagio la distanza fra il corpo reale e il corpo ideale, ostentato da baby modelle, cui ci sforziamo senza sosta di avvicinarci. Stiamo vivendo in un’epoca nella quale, come sostiene il politologo Giovanni Sartori, il video ha trasformato l’homo sapiens in homo videns, nella quale cioè l’immagine ha spodestato la parola e di conseguenza l’immagine del corpo ha assunto un ruolo centrale nella costruzione dell’autostima di ciascun individuo. L’univocità del modello quotidianamente proposto è evidente e sarebbe, quindi, auspicabile iniziare a educare le giovani a una visione corretta delle immagini che assimilano, ad esempio, su Instagram. Il mondo adulto dovrebbe assumersi l’onere di adottare una tipologia alternativa di vera libertà che non derivi dall’essere in possesso di qualcosa, siano essi mezzi economici o requisiti fisici, bensì che appartenga all’essere nella propria unicità e imperfezione, sia che stia sbocciando nella primavera della vita sia che stia declinando nell’autunno, ancora ricco di mille sfumature.

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