Economia e Finanza

UE ed assicurazioni spingono la Sanità verso il modello USA

Economia e Finanza

Pagare per curarsi, la nuova frontiera del Sistema Sanitario europeo, e soprattutto italiano, è il nuovo traguardo al quale la politica continentale sta puntando sostenuta dai grandi gruppi assicurativi in un’ottica, ormai palese, di privatizzazione della Sanità.

 

Questo target è stato sempre nelle mire di tutti i governi del vecchio continente, anche dei più “democratici”, ed è un punto nodale soprattutto per quei paesi, tra cui l’Italia, che hanno i conti in rosso ed enormi sprechi proprio nel settore sanitario a fronte di una scarsissima qualità dei servizi e poche eccellenze.

 

Ciò non è altro se non un ulteriore modulo che andrà a formare il mondo digitalizzato, green e finanziariamente sostenibile (per i ricchi e per i governi) verso il quale tende ogni nazione definita “industrializzata”, avendo quali alibi e spartiacque prima il Covid e poi la guerra con conseguente aggravio di conti pubblici e sostenibilità finanziaria.

 

In parole povere si sta cogliendo la palla al balzo per attuare quelle politiche, fino a qualche anno addietro utopistiche, al fine di alleggerire gli impegni di spesa per le amministrazioni centrali e locali e recuperare una enorme fetta di risorse finanziarie da dedicare ad altro, o semplicemente per coprire le enormi esposizioni irreversibili in cui sono impantanati molti Stati, ed il nostro non fa eccezione.

 

Sono, infatti, aumentate esponenzialmente le offerte di polizze sanitarie o di copertura di varia natura al fine di rendere a pagamento ciò che comunemente è gratuito; ad arare il terreno in questa direzione sono proprio la disorganizzazione e la disomogeneità del sistema sanitario ridotto ormai un colabrodo e guidato da nominati politici che spesso non hanno le competenze, ma neanche le capacità, di far funzionare un complesso ospedaliero.

 

Non è necessario analizzare a fondo gli ingranaggi del complesso marchingegno che muovono il sistema sanitario per comprendere che nella maggior parte dei casi manca qualità, tempo, professionalità ed anche decenza (esistono ospedali nei quali non farei entrare neanche i miei gatti).

 

Ciò non significa che in Italia non abbiamo menti autorevoli nel campo della medicina o lavoratori esemplari, è la disorganizzazione e la mancanza di risorse a vanificare il loro lavoro; ed è noto a tutti che non sono in pochi coloro che decidono di espatriare o passare a strutture private, pazienti inclusi.

Sei mesi per una TAC, due mesi (minimo) per una visita specialistica e così di seguito, ore di attesa nei dipartimenti di emergenza, addirittura giorni durante i quali i pazienti vengono parcheggiati in attesa che esca un posto (che spesso comporta “l’espulsione” anzitempo di altri pazienti dietro spinte politiche o di primari influenti), questa non è Italia ma terzo mondo.

 

Ecco, quindi, il reale pronto soccorso che le compagnie assicurative offrono a chi non vuol sopportare questi calvari (e che ha soldi); a fronte di una spesa media di circa 1.200 euro annui pro-capite sono garantiti tempi e servizi di ogni genere e, nella maggior parte dei casi, inclusi nelle condizioni di polizza.

 

Considerando una famiglia media di quattro componenti significa poco meno di 5.000 euro annui per “garantirsi la serenità avendo la quasi certezza di non finire della mischia della sanità dei plebei senza diritti” … nonostante il diritto alla salute sia garantito dalla Costituzione.

È proprio così, pagheremo per ciò che è un diritto acquisito, e vedrete che sarà cambiata anche la Costituzione, tempo al tempo.

 

I famosi tagli alla Sanità, infatti, non sono soltanto conseguenza di una coperta corta bensì delle scelte ben precise… perché l’impianto organizzativo del SSN è così incancrenito che non è economicamente sostenibile impiegare ogni anno miliardi di euro in un pozzo senza fondo che non restituisce né servizi all’altezza di quanto speso e tantomeno rapidità e qualità.

 

La soluzione? Trasferire le spese del settore dal bilancio pubblico a quello dei cittadini, ed è ciò che si sta tentando di avviare con magno gaudio tra gli esponenti apicali UE e soprattutto di compagnie assicurative.

 

La cosiddetta ristrutturazione del sistema sanitario (alias riforma) andrà proprio in questa direzione guardando al modello USA fino a qualche tempo fa duramente criticato.

 

I beneficiari di questa ulteriore transizione saranno ovviamente i cittadini che avranno la possibilità di sostenere i premi annui assicurativi, i governi che taglieranno gran parte delle spese e naturalmente le strutture private convenzionate con le compagnie assicurative.

 

Il piano è diabolico, ovvero spingere i cittadini a scegliere il privato o assicurarsi rendendo il servizio pubblico sempre meno efficiente e competitivo perché, ovviamente, come da Costituzione, non si può forzare nessuno a non usufruire del servizio sanitario nazionale, ricatto? Non proprio ma ci siamo vicini.

 

L’attuazione di questo progetto è più articolata di quanto sembri; non transiterà soltanto attraverso le assicurazioni per interazione diretta con i cittadini ma coinvolgerà le aziende che negozieranno con i dipendenti (sia nel pubblico che nel privato) i salari comprensivi di prestazioni sanitarie facendo da tramite con i gruppi assicurativi.

 

Esattamente come sta accadendo in materia di pensioni, infatti la cosiddetta pensione integrativa, aggiuntiva o seconda pensione, è frutto di accordi con fondi d’investimento e compagnie assicurative, ovvero una pensione privata in quanto l’INPS non è in grado di garantire quelle prestazioni per le quali ha ricevuto i contributi.

 

La transizione è in atto in ogni settore, e neanche la Sanità farà eccezione, non in nome di reali benefici bensì per interessi di pochi e, soprattutto, per corruzione e sprechi di molti.

Antonino Papa, 28 maggio 2023

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