Fedez, no grazie: basta nani e ballerine

Fedez in politica: la possibile scesa in campo del rapper ci offre uno spaccato inquietante della nostra società

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Che sia l’ennesima trovata pubblicitaria oppure celi un’intenzione reale, la mossa compiuta da Fedez con la registrazione del sito fedezelezioni2023.it, va presa sul serio. Essa, segnalando la plausibilità di un’opzione quale quella della discesa in campo da parte del noto rapper, ci offre non solo uno spaccato del nostro tempo ma anche un’immagine plastica della crisi in cui è precipitato il nostro sistema politico basato sui partiti.

A ben vedere, tutte le uscite degli ultimi mesi di Fedez, che insieme alla compagna ha dato vita a una solida e molto commerciale industria multimediale, sembrano trovare la ratio in uno sbocco politico. Il quale unirebbe profitto, rappresentanza e ideologia in un nesso indissolubile e a dir poco pericoloso per la democrazia. Dal comizio-discorso del primo maggio alla difesa del decreto Zan, all’odio viscerale scatenato sui social nei rispetti di Matteo Salvini, le tracce lasciate non sono né poche né irrilevanti. E sembrano già delineare un profilo del candidato. Che l’ideologia prescelta sia quella poi di un sinistrismo dei diritti (presuntivamente) calpestati e del (reale) odio per chi la pensa diversamente, dà all’operazione un’identità netta che va a coprire la rappresentanza di quel mondo altamente conformistico, buonista e coccolato dalle multinazionali del consumo (di cui Fedez è spesso testimonial), mediamente ignorante pur credendo di essere il contrario, che è il portato di una subcultura che la sinistra tradizionale ha coccolato fino a esserne stravolta e in prospettiva travolta. Aver elevato personaggi come Fedez a maitre-à-penser, operazione altamente populistica più che politica, potrebbe perciò essere stata, per Enrico Letta e compagni, un’operazione in qualche modo suicida, tipica di quegli “apprendisti stregoni” che evocano e coltivano in seno le forze che poi andranno a distruggerli.

Comunque sia, c’è un discorso più generale, come dicevo, che si pone. E riguarda direttamente l’Italia, la qualità della nostra democrazia. Che non può assolutamente più oscillare, in un eterno e deleterio pendolo, fra potere tecnocratico, e in fondo non democraticamente legittimato, e prevalenza in politica di “nani e ballerine” di cui Fedez potrebbe rappresentare la versione aggiornata e corretta, e postmoderna, rispetto a quella tutta di pancia e rivendicativa del capocomico Beppe Grillo oramai al tramonto con tutto il suo movimento di “scappati da casa”. Fra l’altro, con molta più accortezza, Fedez si è preparata anche un’immagine tranquillizzante per lo zoccolo duro elettorale delle persone di una certa età, strizzando l’occhio a quell’Italia profonda fatta di “casalinghe di Voghera” (Arbasino copyright) rappresentata, oserei dire anche fisiognomicamente, da Orietta Berti (quella del “finché la barca va” che è, già nell’enunciazione, tutto un programma politico e di vita molto italiano).

Insomma: abbiamo già dato! Se non si lavora in questa zona grigia della deriva politica italiana, se i partiti non si rigenerano, non ci sarà “cura Draghi” che possa tenere alla distanza. Chissà in quanti fra i politici e i leader attuali ne sono consapevoli?

Corrado Ocone, 11 novembre 2021

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