Green pass e canna libera: ci vogliono rinchiusi e storditi

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A questo punto il giornalista coscienzioso non si interroga più sul se ma sul quando o meglio sull’usque tandem. Il green pass, quest’arma di ricatto palese, è allargato come si temeva a qualsiasi attività umana e siccome il green pass è funzione del vaccino, allora si capisce bene la prospettiva di una storia infinita. Marciamo verso l’80% di copertura ma già dicono che non basterà il 90 e forse neppure il 100%, obiettivo peraltro irraggiungibile. Smaltite, chi meglio chi con molti danni, la prima e la seconda dose, ora spingono sulla terza ma già si parla della quarta, la quinta e c’è chi ipotizza somministrazioni cicliche, vita natural durante.

Il lasciapassare per controllarci

Stando così le cose, il green pass che impone il vaccino non finirà mai, diventerà sempre più uno strumento di controllo oltre i fini originari. I segnali ci sono tutti: il ribaltamento della logica per cui la costrizione è libertà, sicuro segno di approccio autoritario; l’accordo pressoché unanime di tutto o quasi il mondo politico; i costituzionalisti di servizio che spiegano come il puntuale tradimento della Costituzione sia perfettamente lecito; gli scienziati da passerella scatenati come ultrà; una informazione camorristica che piglia di punta i contrari e li inchioda alla croce, tutto un movimentismo di opinione trasversale che si esalta ogni giorno di più nell’auspicare cannonate, punizioni corporali, rappresaglie, pistolettate ai contrari. Le trasmissioni televisive sono processi kafkiani, le rare voci critiche vengono umiliate, pressate una dopo l’altra, e si sentono allucinanti trovate come quella di trasformare il QR, il codice identificativo del green pass, in una sorta di tatuaggio indelebile o microchip inestirpabile dalla pelle.

A forza di cianciare della internet delle cose, cose intelligenti come le macchine che vanno per conto loro e travolgono i passanti o le case che si mettono a sragionare come in un film horror, non ci siamo accorti che ci stanno trasformando in umanoidi poco o per niente intelligenti: anche noi cose, elementi artificiali, senza anima.

Chiusi in casa, ma cannabis libera

In questa condizione, non può essere un caso che riprenda la crociata sulla cannabis libera. Rilanciata anzitutto da quel residuo del radicalismo tribunizio che è Emma Bonino, ma con fondamenti assai precisi: la licenza di stordirsi per non pensare, per non avvertire le costrizioni di un regime che ogni giorno di più si svela come tale, con intenti totalitari e duraturi. Come sempre in linea con l’agenda sorosiana che tanto piace a Bonino. La strategia è elementare ma infallibile: noi vi chiudiamo, vi sottoponiamo alle restrizioni di una società concentrazionaria, però con licenza di sballarvi nei vostri loculi; rincoglionitevi in grazia dello Stato e non rompete più i coglioni. Anche questa spacciata per battaglia di libertà, ma è un dibattito folle, condotto da chi non sa di cosa parla.

Se si vuol dire che lo Stato non deve entrare nelle scelte private dei cittadini, non deve decidere la loro salute e il loro stile di vita, allora ci può stare: su questi presupposti un economista liberal-liberista come Milton Friedman voleva legalizzare tutte le sostanze indistintamente. Ma sostenere che la legalizzazione di una droga farebbe crollare il mercato criminale è pura scemenza, come non si stancava di ribadire uno che la materia la conosceva bene, il giudice Paolo Borsellino. Difatti la portano avanti i santini avariati della sinistra gaudente e molliccia come Saviano.

La cannabis da asporto serve solo a svuotare le proteste, a fornire un alibi ludico con parvenza trasgressiva. Più rimbambiti, più assoggettati. Nella Russia del dopoguerra c’era il makorka fumato in striscioline di carta da giornale, roba che spaccava lo stomaco, e c’era la vodka sintetica che dopo due sorsi provocava allucinazioni. Oggi abbiamo la cannabis eurogarantita con le cartine ecosostenibili, così anche Greta è contenta.

Max Del Papa, 21 settembre 2021

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