I tre errori di chi dà ragione alla Russia

La Nato ha le sue responsabilità, ma le tre “giustificazioni” alla guerra innescata da Putin proprio non reggono

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di Matteo Milanesi

Il 15 febbraio, Vladimir Putin incontrava il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Nell’incontro, lo zar di Russia escludeva qualsiasi ipotesi di intervento bellico in Ucraina: “Vogliamo o no la guerra? Certo che no. Questo è esattamente il motivo per cui abbiamo avanzato le proposte per un processo negoziale”. Come non detto, una settimana dopo, Mosca avrebbe iniziato l’invasione dell’Ucraina su larga scala, fino ad arrivare all’assedio di Kiev degli ultimi giorni. Dall’inizio del conflitto, nell’opinione pubblica italiana, hanno trovato spazio almeno tre “giustificazioni” alla guerra di aggressione avviata da Vladimir Putin.

1. La prima: “Mosca è dovuta intervenire militarmente per non trovarsi la Nato alle porte di casa”.

Questa è forse la motivazione più diffusa, ma anche la più facile da smontare. Infatti, dal 1949, la Russia confina già con un Paese membro dell’organizzazione: la Norvegia. Successivamente, si sono aggiunti gli ex Paesi sovietici Estonia, Lettonia, Lituania ed anche la Polonia. Riguardo a quest’ultima, i russi possiedono una base nucleare a Kaliningrad, territorio in piena Europa che si affaccia al Mar Baltico e che confina proprio con la Polonia. L’eventuale utilizzo della base nucleare di Kaliningrad per scopi bellici investirebbe l’intera Europa dalle scorie, fatta eccezione il Portogallo.

In definitiva: chi è l’invasore? Paesi che decidono di aderire alla Nato con libertà e sovranità – e Putin non è legittimato a decidere chi può entrare o meno nell’organizzazione – oppure uno Zar che propone un negoziato e, allo stesso tempo, continua a sparare e scaldare arsenali nucleari?

2. La seconda: “La crisi russo-ucraina è la stessa di Cuba 1962”.

Il paragone non può reggere né dal punto di vista storico né da quello geopolitico. In Ucraina, non ci sono missili Nato puntati verso Mosca – anche se, inizialmente, qualche ostentato putiniano osava sostenerlo. Al contrario, a Cuba, erano presenti missili sovietici puntati contro Washington, con un arco di potenza che avrebbe potuto raggiungere anche Seattle. Il tutto dopo che Krusciov bluffò, garantendo agli Stati Uniti di non portare armi militari offensive su territorio cubano. E questo avveniva in piena Guerra Fredda…

3. La terza: “Zelensky e l’esercito ucraino sostengono forze neonaziste, come il battaglione Azov”.

È vero che esistono forze neonaziste presenti nel territorio ucraino. È vero che il battaglione Azov è stato protagonista di crimini efferati nei confronti dei filo-russi. Nonostante tutto, non dobbiamo dimenticare che il battaglione rappresenta una minoranza assoluta – circa mille membri – rispetto alle truppe nazionali ucraine – 200 mila uomini. Queste truppe neonaziste non sono composte solamente da ucraini, ma anche da mercenari di estrema destra provenienti da Paesi Europei. In futuro, non è escluso che tali forze militari possano agire come arma a doppio taglio, anche contro l’esercito ucraino, se Zelensky – che, ricordiamolo, è ebreo – dovesse contrattare una pace con Putin.

Yuri Huymenko, tra i principali esponenti neo-nazisti ucraini, da anni impegnato contro le forze separatiste del Donbass, ha manifestato l’idea di voler destituire il governo Zelensky se quest’ultimo dovesse scendere a patti con Mosca. Insomma, stiamo parlando di facinorosi che non sostengono la bandiera della libertà e dell’indipendenza del popolo ucraino; ma di veri e propri mercenari che oggi combattono dalla parte dell’Ucraina, ma che domani potranno sostenere altre cause, anche contro l’Ucraina stessa.

Infatti, la nascita di queste unità non trae origine dai conflitti anti-separatisti del Donbass, ma in un’ottica più generale anti-russa. Già nel 1993, i militari Azov combatterono con i georgiani contro i separatisti dell’Abcasia supportati da Mosca, e nel 1994 insieme ai ceceni sempre in un’ottica anti-russa. Tanto per comprendere l’irrilevanza numerica di queste truppe, l’Azov è anche un partito politico ucraino che non è mai riuscito a raggiungere la soglia di sbarramento.

Insomma, utilizzando il ragionamento dei putiniani, visto che Zelensky viene definito “nazista” anche se ebreo praticante, dovremmo etichettare Draghi come “fascista” perché, in Italia, milita Forza Nuova. Parleremmo di follia pura, se solo queste insinuazioni non fossero a difesa dell’invasione di uno Stato sovrano e di un oligarca che, per ben due volte, allerta il nucleare…

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