Il buonsenso di Vaia: “Basta emergenza, no ai richiami in eterno”

Il direttore dello Spallanzani smonta la “sciocchezza” dei bambini super diffusori del virus

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Si può essere dei sinceri “vaccinisti” senza essere necessariamente dei tifosi. In poche parole: “Dico no a vaxismo e no ad anti vaxismo“. È il motto di Francesco Vaia, direttore dell’Istituto per le malattie infettive Spallanzani di Roma, fervido sostenitore della campagna vaccinale che tuttavia nelle scorse settimane ha esposto alcuni dubbi sia sulla puntura ai bambini sia sull’inutilità di fissarsi sul bollettino giornaliero dei contagi, che deprime i cittadini e non dà informazioni utili al contenimento dell’epidemia.

Il professore è tornato a parlare dal palco di Atreju, come ospite del dibattito dedicato al Covid durante la kermesse di Fratelli d’Italia a Roma. E non le ha mandate a dire:

1. Ritiene che occorra fare la terza dose, senza però star lì già a parlare della quarta, quinta o sesta.

2. I dati odierni, mentre il giornale unico del virus semina terrore, non lo preoccupano.

3. Di bambini in terapia intensiva se ne vedono pochi, dunque sulla vaccinazione dei pargoli bisognerebbe andarci coi piedi di piombo.

4. La vaccinazione non va ideologizzata.

Vaia dice no al “vaccino e cappuccino”

“Serve fare la terza dose di vaccino anti Covid – ha spiegato Vaia – perché abbiamo bisogno di proteggerci un altro poco dopo i primi 5 mesi dalla seconda dose, ma non voglio arrivare a ‘vaccino e cappuccino’, per cui facciamo una quarta, una quinta, una settima dose a colazione, senza però migliorare i trasporti, la scuola, senza cioè fare niente altro perché tanto ci vacciniamo”. Perché va bene sottoporsi alla campagna vaccinale, ma che sia trasparente e senza ultras. Qualche mese fa ci avevano assicurato che due dosi sarebbero bastate a farci “guarire” (ricordate il titolo del libro di Speranza?), poi sono diventate tre. All’inizio la copertura immunitaria durava a lungo, poi sei mesi, ora solo 5 e crolla al 39%. Secondo Vaia, “la soluzione deve trovarla la politica, assumendosi le sue responsabilità e spronando le case farmaceutiche ad aggiornare al più presto il vaccino, per farlo una sola volta all’anno. Questa è la strada”.

No allo stato di emergenza

Intanto con l’avvicinarsi del Natale, la liturgia del terrore è tornata alla carica. I sacerdoti del disastro calcano la mano sul numero dei contagi. Parlano di un’incidenza in aumento, benché i numeri siano decisamente diversi rispetto all’anno scorso. Vorrebbero prolungare fino ad aprile lo stato di emergenza. A zittirli ci pensa Vaia: “Non mi occupo di politica – ha detto -, e non voglio entrare in questi particolari, ma dico che se i dati di oggi non mi preoccupano, se l’indice Rt ci dice che entro Natale saremo ancora più bassi, se è vero che il vaccino funziona, e dobbiamo farci la terza dose, dal mio punto di vista tecnico non ci sono le condizioni per prolungare l’emergenza“.

Infine, il punto dolente del vaccino ai bambini. Giorgia Meloni, padrona di casa, ha più volte detto in tv che attenderà più dati prima di portare la figlia in un hub. La pensano allo stesso modo anche Andrea Crisanti e Maria Rita Gismondo. I bambini sono diffusori di Covid? “Mi astengo dal giudizio su chi ha detto questa sciocchezza – ha risposto Vaia – All’ospedale pediatrico bambino Gesù di Roma, a ieri sera, zero bambini in terapia intensiva”. Poi ha aggiunto: “Io sono un civil servant quindi accoglierò chi vuole vaccinare i bambini, e per quelli fragili dico che è meglio farlo in una struttura iperprotetta come lo Spallanzani, ma dico no a vaxismo e no ad anti vaxismo“. “La mia impressione – ha concluso – è che da alcune parti si voglia ideologizzazione la vaccinazione fino a rasentare il fanatismo, perché se vogliamo pensare a fasce di popolazione che possono essere serbatoi di diffusione del virus, certo non penso ai bambini, ma ai 5-7 milioni di italiani tra i 50 e i 60 anni che non vogliono vaccinarsi”.

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