Il “cervellone” è l’ultima farsa sul reddito di cittadinanza

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Santo cielo, il ragazzo ce l’ha fatta: “Il reddito di cittadinanza in questo modo rischia di essere una misura assistenziale senza progettualità”. Tradotto dal giuseppese: una cagata pazzesca. Per molti, ma non per tutti: camorristi, picchiatori omicidi, ladri, farabutti, fannulloni, mosche da forum e da bar ci si trovano benone: lo piglian tutti, gli altri, i poveri veri, beh, si attaccassero. Sprechi su sprechi, di tanta speme questo oggi ci resta: “alcune decine di milioni”, sarebbe costato, buttano là i giornalini filogovernativi, senza dettagliare. Alcuni tanti. Alcuni troppi.

Confusione totale

Il solito disastro all’italiana: i mitologici navigator han fatto flanella, non esiste un coordinamento, “non esiste traccia di un sistema unico e nazionale informatico che dovrebbe aiutare i disoccupati a trovare un lavoro e le aziende a trovare le persone che lo cercano”. Ritradotto, anzi ritrafotto: non esiste un c…. In compenso, si danno casi, come a Roma, di miracolati da una lotteria che continuano a percepirlo, aumm aumm. Ovviamente mandando avanti la loro baracca e qui casca il Giuseppi e anche il Giggino: il reddito di tirarinnanza non ha solo incrementato la propensione al divano, anche quella al doppio lavoro nero carpiato reale. Insomma, un trionfo.

In realtà, il giurista di Volturara Appula non è preoccupato di sprechi o inefficienze, non gliene può fregare di meno, figurati: dietro, informa il Corriere, c’è la solita faida tricolore, un pantano di guerre di potere in seno all’Anpal, che sarebbe l’agenzia delle politiche “attive”, proprio così, per il lavoro, e in seno ai ministeri, e in seno allo stesso governo, un bordellone di nominati, nominandi, nominatori, puro distillato di antipolitica, cioè la politica autoperpetuante, fine a se stessa. Basti un aspetto: Conte minaccia di cambiare tutto, di sbaraccare tutto, Giggino difende la misura e ipotizza soluzioni futuristiche. Dice Zaia, il doge veneto: “Qui non è che non abbiamo i disoccupati, solo che cerchiamo di trovargli un impiego, non un pretesto”. Ma è meglio, sarebbe meglio, sgessare il mercato del lavoro, sostenere le imprese, rilanciare l’iniziativa privata, l’artigianato, il commercio, detassare, o il clientelismo mafioso, specie al sud? Domanda inutile, il reddito di parassitanza è quello che ha tenuto in piedi la casta anticasta grillesca. Puro voto di scambio, in scia chimica alla più esaltante tradizione storica.

Eppure non è difficile: se paghi la gente per non lavorare, quella non lavora e il costo lo paga chi lavora. Come diceva Sergio Ricossa, grandissimo: la solidarietà costa. E, come insegnava Milton Friedman: se tu paghi la gente che non lavora e la tassi quando lavora, non puoi stupirti se crei disoccupazione. Ma in fondo Milton era solo un premio Nobel, che gliene frega ai grillini, vuoi mettere Di Battista e Paola Taverna. Basta con la kasta del sapere, all’economia vogliamo Gabriel Garko.

Di Maio ha la soluzione

Giuseppi non sa che fare, dice: così non va, cambio tutto. E se lo dice Giuseppi, possiamo star certi che non cambierà niente. Prova ne sia che, come idea luminosa, ma soprattutto sorprendente, ha incaricato la ministra Pisano di formare una task force. Giggino ha pronta la sua soluzione: il cervellone che tutto sa, tutto coordina, tutto risolve. Cervellone per cervellini. Ora, chi ha un minimo di esperienza immagina benissimo come andrà a finire: esattamente come per l’Inps, sistemi in crash, bugie, miraggi, manie di persecuzione e il capintesta che, forte di tanti fallimenti, si raddoppia lo stipendio e poi annuncia: no, che non me ne vado. Lo crediamo bene. Sarà solo un intoppo in più, per la semplice ragione che è la mela ad esser bacata; è il sistema che non funziona e non può funzionare, non è questione di restyling tecnologico. Poi in Italia, figurarsi: dove la propensione alla tecnologia è al palo, dove ogni rete informatica, peggio se pubblica, è solo un garbuglio sterile, dove burocrazia digitale si aggiunge, non elimina, potenzia burocrazia cartacea. Il cervellone: per far che? Per organizzare meglio l’assistenzialismo peloso?

Battute di rigore

A chi ha una memoria agée, come per esempio chi scrive, ahilui, il cervellone fa venire in mente il mitico centralone della radiotelevisione di Bice Valori; a chi è un po’ più fresco, la fabbrica cibernetica di Lino Banfi, che dopo mezz’ora era già fuori di testa: già ce lo vediamo, il percettore del reddito alle prese col centralone, che zompa di qua e di là, i capelli ritti in testa e due spirali al posto delle pupille: “Col Q! Col Q! Rosso! Verde! Rigore! Punizione! Arbitro cornuto! Il dottor Giggino non è in sede! Non c’è non c’è! Un momento, no, sto parlando con la stampante! Il circuito Z! Buco sbagliato! Buco sbagliato!”. mentre fischia in una scopa, risponde al fischietto, pesta tre volte una leva. Poi compare Giggino e fa: “La sua soddisfazione, è il nostro miglior premio. Piripiripiripiripiripì!!!”.

Max Del Papa, 29 settembre 2020

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