Il Covid non s’arresta, ma si potrebbe curare

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“Se mi prendo una normale influenza contagerò 1,3 persone in media. Se queste a loro volta ne contagiano altre allo stesso ritmo dopo dieci passaggi, sarò responsabile per aver infettato 14 persone. Con il covid posso infettarne tre di miei simili. Non sembra una grande differenza. Ma dopo i soliti dieci passaggi avrò sulla coscienza l’infezione di 59.000 persone”.

Virus inarrestabile

Così si esprimeva il medico inglese Hugh Montgomery in un’intervista al canale britannico Channel 4 resa lo scorso marzo. Una calcolatrice e dieci moltiplicazioni dei numeri 1,3 e 3 per loro stessi ogni volta vi chiariranno le idee. Se poi consulti l’Accademia della Crusca per avere la corretta definizione dell’aggettivo “virale” scoprirai come “Oggi si parla virale, viralità e diffusione virale ogni qual volta una notizia, una fotografia, un brano musicale, più genericamente un’unità di informazione, si diffondono con velocità pressoché incontrollabile soprattutto nel web, a denotarne il grande successo di pubblico”.

Il coronvirus si diffonde con una velocità virale, appunto. Ed il buon senso ci impone di concludere che la circolazione del covid è una battaglia persa in partenza. Così come non si ferma il vento con le mani, ogni tentativo volto ad arrestare la diffusione del morbo finirà in un misero fallimento. Di tale convinzione il primo ad esserne conscio è il Premier che reitera compulsivamente misure sempre più stringenti alla nostra libertà di circolazione senza neppure essere in grado di verificare l’efficacia della misura superata da quella subito successiva. È da tali convulsioni che si comprende come le misure siano una più inutile dell’altra. L’arresto completo di ogni attività e di ogni relazione interpersonale impedisce certo al virus di replicarsi così come il decesso del paziente che ne è infetto.

Cinquant’anni fa l’uomo è sbarcato sulla luna e mi rifiuto di pensare che l’unica soluzione proponibile sia la clausura o la mascherina. Della cui utilità, lo stesso Oms non è in grado di dare alcuna garanzia dal momento che dice “che non vi è alcuna evidenza diretta che dimostri l’utilità dell’uso massivo della mascherina fra individui sani al fine di impedire la propagazione del virus”. Quindi? Quindi non rimane la cosa più normale del mondo. Ricorrere alla medicina che è prima di tutto cura e subito dopo prevenzione di una malattia.

Cure a domicilio

“Il Covid è una malattia altamente contagiosa. E questo è un male. Ma è proprio questo il suo punto debole. È prevedibile come tutte le malattie infettive. La cura deve essere precoce. È solo così che il Covid non involve in quelle polmoniti interstiziali che poi necessitano di terapie intensive. Ma tutto il dibattito mediatico è concentrato sull’ospedalizzazione. Peccato che gli ospedali servano a curare quel 5% di pazienti che presenta sintomi severi o critici da giustificarne il ricovero. Ma se si è tempestivi nella cura a domicilio il numero potenziale dei pazienti ricoverabili diminuisce”.

Così mi dice il Professor Luigi Cavanna Oncoematologo dell’Università di Piacenza. Uno che il covid lo ha curato per davvero. Trecento pazienti assistiti a domicilio. Meno di una quindicina ricoverati. Tutti tornati a casa con le loro gambe. Morti zero. Idrossiclorochina due volte al giorno più un antivirale per almeno una settimana. Anche antibiotico, cortisone ed eparina sottocute se necessaria. Di questa, come di altre esperienze il nostro Governo ne ha fatto tesoro?

Sì, vietando l’utilizzo dell’idrossiclorochina. Se quelle trecento persone si fossero ammalate oggi avrebbero quindi avuto a disposizione un farmaco in meno. Ma qualche mascherina in più.

Fabio Dragoni, 24 ottobre 2020

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