Il falco si fa colomba. Cosa c’è dietro il discorso di Zelensky all’Italia

Nessun riferimento alle armi, ma molti appelli alla pace. Poi l’allarme sulla possibile carestia e nuove ondate migratorie

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Tanti appelli alla pace e alle pressioni economiche, ma senza accenni storici particolari o alle armi da guerra. Quello di Volodymyr Zelensky al Parlamento italiano è stato un discorso diverso da quelli pronunciati alla Camera dei Comuni, al Bundestag, al Congresso americano o alla Knesset. Un intervento imperniato sull’amicizia tra Ucraina e Italia, sugli aiuti umanitari reciproci (pandemia e alluvioni), sull’accoglienza ai profughi, sulla pacificazione. E che ha solo sfiorato due nodi del dossier ucraino: l’uso del gas e del petrolio russo e l’invio delle armi alla resistenza.

Zelensky esordisce con un aneddoto dell’incontro video avuto con papa Francesco. Racconta di come “il nostro popolo sia diventato esercito” non appena ha visto “il male che porta il nemico e la devastazione che lascia” durante l’invasione. Ricorda i bambini morti nel conflitto, sotto le bombe di Putin: sono ormai 117 i piccoli decessi, 38 in più rispetto ai 79 già evocati durante l’ultimo intervento alla manifestazione pacifista di Firenze. “È questo il prezzo della guerra – dice il presidente ucraino – migliaia di feriti, decine di migliaia di famiglie distrutte e milioni di case abbandonate”. Il colpevole è uno solo, assicura Zelensky, e si chiama Vladimir Putin: “Nei nostri quartieri seppelliscono i morti nelle fosse comuni e nei parchi. E tutto è iniziato da una sola persona”.

Nei suoi precedenti interventi ai parlamenti nazionali occidentali, Zelensky aveva sempre rievocato un episodio importante della storia del Paese in questione. Pearl Harbor negli Stati Uniti, il nazismo a Berlino, la Shoah in Israele, il coraggio di Churchill in Gran Bretagna. Non in Italia, dove non ci sono stati gli attesi riferimenti ai Partigiani (sintomo che Zelensky di comunicazione se ne intende, così come i suoi consiglieri) né frasi dal forte valore bellicistico (scelta forse dettata dalla consapevolezza che in Aula e nel Paese in molti sono poco inclini a inviare missili a Kiev). Al Belpaese, infatti, ha ufficialmente chiesto solo ulteriori sanzioni e pressioni su Putin affinché “cerchi la pace”.

Il presidente ucraino ha scelto invece le città come termine di paragone. Innanzitutto Kiev, considerata la nuova Roma, culla della cultura di un grande popolo, che si trova ormai “al limite della sopravvivenza”. E poi Genova, accostata a Mariupol, città martire e martoriata dai bombardamenti russi. “Lì non c’è più nulla, solo rovine – ha detto Zelensky – immaginate una Genova interamente bruciata, cinta da un assedio, con spari che non smettono neppure per un minuto. Immaginate Genova con persone che scappano a piedi, in auto, in pullman per raggiungere luoghi più sicuri”.

Decisamente d’impatto sono stati invece i riferimenti ai nazisti (“l’ultima volta che è stato occupato un Paese in Europa”) e al desiderio di Putin di piegare l’intera Ue al suo volere. “Il suo obiettivo è l’Europa. Vuole influenzare le vostre vite, avere il controllo sulla vostra politica e distruggere i vostri valori: democrazia, diritti dell’uomo e libertà. L’Ucraina è cancello per l’esercito russo: vogliono entrare in Ue”. Tuttavia, i passaggi di maggior interesse del discorso di Zelensky sono forse altri, benché passati un po’ in sordina. Da una parte l’allarme per la possibile carestia (“Noi siamo esportatori di mais, olio, frumento: come possiamo seminare sotto l’artiglieria russa? Come possiamo coltivare se il nemico distrugge campi e combustibile?”); dall’altra la minaccia per future ondate migratorie dall’Africa. “I prezzi stanno aumentando – ha detto – La fame si sta avvicinando in diversi Paesi. Decine di milioni di persone avranno bisogno di aiuto di fronte alle vostre coste”.

Ecco perché, secondo il presidente ucraino, servono maggiori sanzioni e pressioni su Mosca. In un modo, in particolare: l’Italia dovrebbe ridurre l’importazione di gas e di petrolio dalla Russia. “Putin guadagna tanti soldi su queste esportazioni e li usa per la guerra”, il monito. Un nodo dolente, però, alle nostre latitudini. Il Belpaese dipende al 40% dal gas di Mosca, ha fatto non poche resistenze sul fronte delle sanzioni energetiche e rischia di pagare alto il prezzo di un eventuale stop agli idrocarburi russi. Zelensky lo sa e ha provato a smuovere le acque. Pur vestendo i panni della colomba.

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