Il filosofo Hoppe: “Panico fabbricato per un controllo totalitario”

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In una lunga intervista rilasciata alla rivista di orientamento libertario Atlantico, l’economista Hans-Hermann Hoppe, illustre esponente della scuola austriaca, si affianca in modo piuttosto convincente alle critiche di Massimo Cacciari e Giorgio Agamben in merito alle restrizioni sanitarie che hanno annichilito le nostre libertà democratiche.

Usando parole scolpite nella pietra, così si esprime l’allievo di Murray Rothbard: “Mai prima d’ora, in tempo di pace, le nostre libertà sono state limitate così drasticamente e severamente, dagli arresti domiciliari definiti pietosamente “lockdown” al coprifuoco, alla chiusura delle imprese, ai divieti di lavoro, produzione, viaggio, movimento e associazione. C’erano alcune differenze da Paese a Paese o da regione a regione per quanto riguarda la severità di queste restrizioni, ma da nessuna parte la vita poteva continuare nel suo modo normale. E tutto questo veniva fatto in nome della protezione della popolazione da un presunto virus mortale e altamente infettivo che altrimenti, senza queste restrizioni, avrebbe presumibilmente causato un aumento drammatico o addirittura catastrofico del tasso di mortalità. È diventato rapidamente evidente, tuttavia, che nulla di tutto ciò è vero.”

Inoltre Hoppe ha sottolineato che, così come raccontano i numeri che in pochi leggono, non esistono differenze sostanziali tra i Paesi che hanno adottato le misure più rigide, tra cui l’Italia, e quelli, per così dire, più indulgenti, su tutti la civile Svezia. Mettendo sotto accusa la sfera politica nel suo complesso, rea di aver utilizzato la pandemia per accrescere ulteriormente il potere statale, l’economista esprime un notevole disappunto, personalmente nutrito da tempo, in merito alla scarsa opposizione che a tutti i livelli della società avanzata si registra nei confronti di un attacco senza precedenti alle libertà umane naturali e al diritto di proprietà.

D’altro canto, come dimostra il linciaggio operato in patria ai danni degli summenzionati eretici Cacciari e Agamben, sono sempre più rari i personaggi autorevoli che cercano in qualche modo, nell’ambito di un dibattito pubblico sempre più a senso unico, di opporsi con argomenti solidi alla strisciante dittatura sanitaria.

Ora, sebbene io, a differenza dell’anarco-capitalista Hoppe, non penso che si possa fare a meno di ciò che comodamente definiamo Stato, seppur cercando sempre di limitarne il perimetro, cionondimeno condivido appieno le sue preoccupazioni sul futuro dei sistemi democratici: “Temo che i politici abbiano imparato da questa esperienza che un panico pubblico può essere fabbricato sulla base di poco più di alcune statistiche sanitarie abilmente manipolate e che questo panico può essere usato per espandere il proprio potere fino al limite massimo di un controllo quasi totalitario; e quindi, data la megalomania tipica dei politici, non solo trascineranno l’attuale modalità di panico il più a lungo possibile, ma saranno incoraggiati a ricorrere di nuovo alle stesse o simili misure totalitarie in futuro, se ritengono che sia il momento giusto per farlo.”

Momento giusto che, ahinoi, è scandito dal susseguirsi delle varianti di un virus sempre meno letale ma particolarmente adatto a rinvigorire la più antica inclinazione della nostra specie: il controllo dell’uomo sull’uomo.

Claudio Romiti, 3 agosto 2021

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