Il popolo bue e la democrazia secondo Alba Parietti

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Che succede se Alba Parietti esprime una opinione sul diritto di voto? È una opinione nel mare delle opinioni. Però fa discutere. Perché? Vediamo. Cosa ha detto la Parietti alla trasmissione Stasera Italia su Rete Quattro? Questo: “La popolazione senza istruzione non dovrebbe votare”. Facile il commento di Matteo Salvini e molti altri. La sinistra (ma Alba Parietti è la sinistra?) non ama il voto perché ha paura di perdere. Se vince, il popolo e la democrazia sono buoni. Se perde, il popolo è bue e la democrazia si è inceppata.

Parietti a parte, in questi anni, anche titolati studiosi hanno criticato nella sostanza l’eccessivo ricorso alle urne e una certa antipatia per il voto popolare. Il Partito democratico, poi, si trova regolarmente al governo senza che gli elettori gli abbiano chiesto di farne parte. Siamo una democrazia rappresentativa, è vero. Ma il fatto che il voto popolare sia spesso rovesciato da manovre di palazzo è un atto di accusa verso… la democrazia rappresentativa. Ma questo è un altro discorso.

Torniamo alla Parietti. Dunque chi non abbia, poniamo, una laurea non dovrebbe recarsi alle urne. Fosse così semplice. La storia insegna che alcuni (molti) geni non avevano un curriculum scolastico eccezionale: che facciamo? Non diamo la tessera elettorale a Benedetto Croce ed Eugenio Montale? Mettiamo un test all’ingresso delle sezioni? Per favore, siamo realistici. Naturalmente, il senso sarebbe il seguente: il popolo non è titolato a decidere su ogni questione. Ci vuole una élite che prenda provvedimenti a ragion veduta. Oggi tutta la cultura di sinistra sembra riconoscersi nelle tesi di Joseph A. Schumpeter, per il quale «il metodo democratico è lo strumento istituzionale per giungere a decisioni politiche, in base al quale singoli individui ottengono il potere di decidere attraverso una competizione che ha per oggetto il voto popolare: il popolo sceglie chi decide, non decide tramite i suoi rappresentanti».

Un tempo queste parole, a sinistra, erano considerate diaboliche: Schumpeter era accusato di essere l’ideologo della borghesia che voleva togliere il potere al popolo per consegnarlo a una oligarchia di responsabili. La paura di perdere è molta. Ma, in caso di vittoria, cito Dino Cofrancesco, “l’elitismo può diventare l’alibi di una prassi giacobina che rimodella, attraverso le leggi, i costumi di una società civile retrograda pur se elettoralmente maggioritaria”. Siamo tornati alle élite che guidano il popolo verso il progresso. Che il popolo lo voglia o meno. Il popolo ha per questo sempre ragione? Certo che no. Per questo, nelle democrazie liberali esistono giusti contrappesi e limiti espressi dalla legge. Ma noi siamo davvero una democrazia liberale?

Alessandro Gnocchi, 31 gennaio 2020

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