Il sondaggista indipendente rivela: “I voti per Putin sono veri”

Denis Volkov, direttore dell’istituto “Centro Levada”, conferma: le sanzioni hanno rafforzato lo Zar

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Oggi La Repubblica ha pubblicato un’intervista al quarantenne Denis Volkov, direttore del Centro Levada, famoso per essere l’unico istituto di sondaggi indipendente in Russia. Si tratta di un’analisi molto interessante sulle elezioni che hanno incoronato di nuovo Putin: secondo Volkov, che è considerato “agente straniero” dal regime putiniano, il consenso dello Zar da Mosca alla Siberia è veramente bulgaro. Insomma: le elezioni non saranno “né giuste né libere”, di sicuro sono state condite da episodi di violenza, ma l’ex agente del Kgb – come spiega tristemente Ludmila Ulitskaya, grande autrice russa – “è il presidente che il Paese si merita: né peggiore, né migliore”.

Il consenso di Putin

E proprio perché Putin è il leader che la Russia ha partorito, non sorprende – se non forse i media occidentali – che secondo Volkov “non c’è dubbio che il consenso per il leader sia intorno all’80%“. Non c’è trucco e non c’è inganno, al netto ovviamente della martellante propaganda e della repressione dei dissidenti. Dal febbraio di due anni fa le cose sono addirittura “migliorate”. “Prima dell’Operazione militare speciale – aggiunge il sondaggista – metà dei russi era favorevole a una sua ricandidatura, metà era contraria. Dopo il 24 febbraio 2022, i sostenitori di un nuovo mandato di Putin al Cremlino sono saliti dal 45% al 75%, poi al 78% e infine all’80%. Ma se si calcola questa percentuale soltanto tra chi è pronto ad andare a votare sale all’85%”.

I dissidenti divisi

L’unica incognita riguardava l’affluenza, ma “eravamo certi che il dato avrebbe superato quello del 2018 perché l’intensa campagna di Putin per portare la gente alle urne ha funzionato”. Anche grazie al sistema di voto, che ha allungato a tre i giorni per votare e permesso anche la partecipazione online o a distanza. E le opposizioni? Ci sono i candidati fantoccio, certo. Ma per Volkov, sebbene il dissenso al regime si aggiri intorno al 25%, al suo interno vi sono molte divisioni. Una metà si definisce “liberale” e simpatizzava per Navalny. L’altra metà invece si riconosce nel partito comunista o in quello liberldemocratico, che tutto sono tranne che filo-occidentali.

Il supporto alla guerra in Ucraina

Parlando inoltre del supporto dei russi all’operazione in Ucraina, Volkov ha descritto diversi livelli si sostegno: “Ci sono uomini molto aggressivi che sostengono che la Russia debba arrivare fino al confine ucraino con la Polonia”, e sono circa il 20%. Poi c’è “il nocciolo duro”, composto dal 45-50% che “sostiene solidamente l’esercito russo in Ucraino”. E infine un 30% che esprime un sostegno “più debole, circostanziale”: “gente che pensa che la guerra sia un male, ma che si affida a Putin perché ‘sa come agire'”. Il paradosso, se così vogliamo chiamarlo, è che più l’Occidente si mostra duro più il consenso per Putin sale: “La maggior parte dei russi, in ogni caso, come nel 2014, vede il conflitto in Ucraina come parte dell’eterno confronto tra Russia e Occidente”.

Il flop delle sanzioni

Senza contare, peraltro, che mentre da noi il tema del conflitto ucraino pervade ogni giornata, in realtà la vita di gran parte dei milioni di abitanti russi procede come sempre. Solo una piccola fetta della popolazione è stata colpita dalla “mobilitazione bellica”. Gli altri, paradossalmente, hanno visto migliorare le condizioni economiche “grazie all’indicizzazione di pensioni e salari e all’ampliamento dei benefit sociali, c’è stata una grande redistribuzione della ricchezza“. E le sanzioni occidentali, quelle che dovevano distruggere l’economia di Mosca e portare al crollo del regime? Un flop totale: “C’è persino gente che pensava sin dall’inizio che fossero un bene, perché dopo anni di dipendenza dall’Occidente il governo avrebbe finalmente investito in infrastrutture e industrie nazionali”. 

Franco Lodige, 18 marzo 2024

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