Il suicidio dei diritti dell’uomo

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In mezzo alla pandemia, sembriamo aver perso di vista tutto il resto. Tutto ciò che fino a pochi mesi fa occupava un posto centrale nelle nostre vite individuali e in quelle delle nostre comunità locali, nazionali e persino internazionali. Il virus s’impone sopra ogni orizzonte della nostra comprensione delle cose e di quello che capita intorno a noi. Ma la storia, e il mondo, non si fermano perché noi ci fermiamo dinanzi al virus. Altre questioni, altre battaglie, non smettono di sfidarci e interrogarci.

Il terrorismo islamico che torna a colpire duramente il cuore dell’Europa ci mostra questo fatto con sanguinaria e spaventosa chiarezza. Sappiamo che non si tratta di qualcosa di nuovo ma di un fenomeno che viene da lontano, che è ormai endemico nelle nostre società e che non si può escludere tornerà a venir fuori con sempre maggior forza, soprattutto in situazione di crescente crisi generalizzata. Le analisi geopolitiche a riguardo sono numerosissime, ma riguardano spesso gli altri, ovvero quelli che portano il terrore nelle strade. Meno di frequente si riflette su quali siano le cause “interne” culturali che hanno generato terreno fertile per determinati processi storici.

Nel pamphlet I diritti dell’uomo contro il popolo (edito da Liberilibri), Jean Louis Harouel, grande storico francese del diritto prova a riflettere proprio su questo punto. Secondo Harouel, e come è noto, i diritti dell’uomo sono stati un momento fondamentale dello sviluppo dell’umanità perché hanno permesso agli individui di sviluppare la loro libertà al riparo dagli abusi e dall’arbitrio del potere. Tuttavia, l’autore osserva come i diritti dell’uomo abbiano subito una sorta di espansione infinita e, allo stesso tempo, di torsione divenendo l’opposto di ciò che erano ovvero una sorta di impedimento per la libertà e per l’autodeterminazione degli individui e di un popolo. I diritti dell’uomo si sarebbero infatti trasformati in una religione secolare suicida per gli occidentali che, sfumata la fede nel cristianesimo, sono in cerca di un qualche orizzonte pseudo-metafisico in cui trovare salvezza, o almeno un qualche senso della vita. Allontanarsi “dalle credenze e dalla pratica religiosa cristiana […] non ha fatto scomparire il sacro, ma ne ha soltanto comportato lo spostamento.”

Secondo Harouel l’emergere di “questa religione secolare oppressiva, che pretende il monopolio del bene” non è estemporanea ma si situa all’interno di un preciso e ampio percorso storico-filosofico iniziato con la gnosi, cresciuto con le dottrine millenariste e impostosi con quelle socialiste.

Dove un’identità va in frantumi, in questo caso quella occidentale che si autodistrugge attraverso l’odio di sé, un’altra identità forte e fiera, che Harouel indica nell’Islam radicale, tenta di affermarsi. Iniziando dalla Francia, dove questo fenomeno si verifica con massima forza, Harouel allarga la sua prospettiva al resto dell’Europa.

A cura di Liberilibri, 5 novembre 2020

 

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