Il tracollo dell’Unione europea

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Parafrasando Gabriel Garcia Marquez, stiamo assistendo alla storia di un tracollo annunciato da parte dell’Unione europea poiché, a prescindere dall’esito delle trattative di questi giorni da parte del Consiglio europeo, la risposta dell’Ue nel momento del bisogno non solo è stata insufficiente ma non c’è proprio stata. Il premier Conte ha sostenuto che “l’Unione europea ha un appuntamento con la storia e la storia non aspetta” ma la verità è che, purtroppo per noi italiani, l’appuntamento con la storia l’Ue lo ha già fallito.

Il discorso del Presidente della Bce Christine Lagarde in cui, annunciando che non avrebbe tagliato i tassi e rifiutando la linea del “whatever it takes”, ha determinato il peggior crollo della storia della Borsa di Milano, la parziale retromarcia solo dopo che il contagio si era diffuso in Francia e Germania, la nuova dichiarazione del Presidente della Commissione europea Von der Leyen che ha sostenuto che i coronabond non siano un’ipotesi concreta su cui l’Ue sta lavorando, sono l’emblema di un modello che non funziona.

Mentre l’Italia piange migliaia di morti e si trova a fronteggiare un’emergenza sanitaria eccezionale, il comportamento delle istituzioni europee provoca una reazione di sdegno nel popolo italiano a prescindere dagli ideali e dalle convinzioni politiche di ogni cittadino, al punto da indurre il Presidente della Repubblica Mattarella ad assumere una posizione netta.

Eppure l’Europa unita avrebbe dovuto rappresentare la realizzazione di un grande sogno, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale con il Trattato di Roma nel 1957 si posero le basi per la creazione di una comunità europea che, pur formalizzando una cooperazione economica, avrebbe dovuto tenere in considerazione i valori storici, culturali e religiosi che accomunano i popoli europei. Sappiamo purtroppo come andò con il Trattato di Maastricht e quello di Lisbona.

Quello che stiamo vivendo in questi giorni era già stato anticipato da una cospicua letteratura di stampo conservatore che aveva messo in guardia non solo sulla fragilità dell’impalcatura europea ma anche sulla sua inconsistenza e inefficacia nel riuscire a rispondere alle esigenze popolari. Nessuno si sarebbe immaginato un evento della portata del coronavirus ma già la crisi economica del 2008 aveva esplicitato l’incapacità dell’Unione europea di adottare soluzioni che tenessero in considerazione sia le esigenze economiche sia quelle umane come avvenuto con la Grecia.

L’Europa dei burocrati sta vivendo il suo crepuscolo ed è arrivato il momento di iniziare a pensare una soluzione diversa da quella attuale partendo dal presupposto che l’attuale pandemia ha sancito il fallimento politico delle entità sovranazionali e il ritorno agli stati nazionali. Torna così in auge un concetto caro ai conservatori: l’Europa delle nazioni. Un’Europa fondata sui singoli stati nazionali che mantengono la propria autonomia e sovranità ma insieme formano una confederazione con linee guida comuni che tengano in considerazione in primis le esigenze dei popoli e il retaggio storico e culturale (a partire dalle comuni radici cristiane) che accomuna gli europei.


Un’Europa delle nazioni in cui ogni singolo stato possa avere la necessaria indipendenza non solo per pianificare una politica interna, estera ed economica nell’ordinario ma per reagire con la forza necessaria per aiutare i propri cittadini in un momento eccezionale.

Dove l’Italia, invece di ricevere un aiuto, viene intralciata nella libertà di azione che dovrebbe avere ogni stato sovrano nell’emergenza.

Francesco Giubilei, 30 marzo 2020

 

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