Il trucco per far saltare la revisione del coprifuoco

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A parole tutti stimano il premier Mario Draghi, ma nei fatti, il partito delle chiusure gli rema contro. Se, presentando il decreto sulle riaperture, l’inquilino di Palazzo Chigi aveva parlato di “rischio ragionato” e di probabilità “molto bassa” che, anche grazie all’accelerazione dei vaccini, si sia costretti a tornare indietro, oggi i media a rimorchio della fazione pro lockdown ritentano il pressing.

Basta leggere Il Corriere della Sera, che evoca minaccioso l’aumento da 0,81 a 0,85 dell’Rt, mentre Il Messaggero avverte che “i positivi calano troppo lentamente”. A questo punto, la domanda è lecita: la cabina di regia, che si riunisce oggi e che probabilmente farà uscire dalla zona rossa anche la Sardegna, mettendo però nella fascia a massimo rischio la Valle d’Aosta, spingerà per un ulteriore inasprimento dei parametri, affinché il tagliando sul coprifuoco, promesso per metà maggio, si risolva in un niente di fatto per la linea più aperturista?

L’appiglio, d’altronde, c’è: è la variante indiana. Ovviamente, qui nessuno ne vuole sottolineare la pericolosità. Ma nemmeno vogliamo far finta che persino le mutazioni del virus siano soggette a strumentalizzazioni politiche. La variante inglese, che per mesi è stata colpevolmente ignorata, è stata già usata per rivedere l’algoritmo che portava le Regioni in zona rossa. Ora che essa sembra sotto controllo – o comunque, ora che sembra che abbiamo imparato a conviverci – parte il coro allarmistico sulla variante indiana, che peraltro, secondo la maggior parte degli esperti, è coperta dai vaccini (mentre il solito Massimo Galli presenta uno scenario molto più fosco, che dubita dell’efficacia dei sieri). D’altro canto, solo a febbraio scorso erano state tracciate già circa 12mila mutazione del Sars-Cov-2; se dovessimo entrare nel panico per ognuna di esse, probabilmente non usciremmo più dal regime di restrizioni. E forse, a qualcuno, questa prospettiva non dispiacerebbe.

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