In Svezia preferiscono il nucleare alle pale eoliche

Gli svedesi contro le pale eoliche che deturpano il paesaggio: preferiscono il nucleare. Brutto colpo per Greta

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Altro che vento del nord. A una buona fetta di svedesi girano le pale, ma non quelle eoliche. Sì perché nella civilissima terra di Greta Thunberg, a quanto pare, non tutti sono disposti a farsi fare il lavaggio del cervello con le tesi integraliste del nuovo ordine ambientalista mondiale. E anzi, alle energie rinnovabili, tanto decantate dall’ideologia green, preferiscono il buon vecchio nucleare.

Le intenzioni del governo svedese di erigere rapidamente sul territorio migliaia di pale eoliche per favorire il processo di transizione energetica e decarbonizzazione tanto agognato dalle élite europee sta infatti diventando un tema sempre più cruciale per la politica di Stoccolma tanto da poter risultare questione decisiva alle prossime elezioni. Basti pensare che tra il 2019 e il 2020 la produzione di energia dal vento è aumentata del 40% nel paese e non c’è alcuna intenzione di fermarsi, anzi.

La polarizzazione quindi è sempre più forte: da un lato la politica, i mass media e gli ultras ambientalisti gretini, dall’altra le comunità locali che non vogliono veder deturpato il proprio territorio con delle costruzioni molto invasive e con una capacità di produzione di energia molto inferiore rispetto a quella del nucleare. “Vogliamo una bella costa, con una fantastica industria del turismo oppure vogliamo distruggerla con strutture d’acciaio e con elicotteri che volano sopra le nostre teste per sghiacciare le turbine?”, ha domandato retoricamente Lars Beckman, esponente di centrodestra durante un dibattito sulla questione. Dopo di che ha spiegato che andrebbe invece potenziata la produzione di energia nucleare che al momento genera solo un terzo del fabbisogno della popolazione. Sulla stessa linea d’onda, il sindaco di un piccolo villaggio di pescatori, Mas Abrahamsson che ha parlato di strutture alte come la torre Eiffel che rappresenterebbero qualcosa di estraneo alla sua comunità. “Questo – ha dichiarato – non è semplicemente ciò che associamo con la nostra località. Sole, mare, pesce e gamberi: questo è ciò che associamo a questo luogo”.

E a pensarla così sarebbero moltissimi sindaci e cittadini delle piccole comunità locali nordiche che verrebbero irrimediabilmente compromesse da questi cambiamenti.

A questa visione romantica, di persone affezionate alla propria terra e disposte a lottare per difenderla, si oppone la politica governativa svedese che, con l’appoggio di diverse aziende importanti sempre più impegnate in queste ed altre battaglie, spinge per portare con le ruspe la propria idea di modernità. “Tutti i cambiamenti hanno un impatto sugli individui ma noi dobbiamo agire nell’interesse dell’intera società”, spiegano. Vi ricorda qualcosa? Massì dai, ci dicono lo stesso sulla protezione della fantomatica “salute collettiva”. Voi non potete scegliere liberamente perché “noi dobbiamo preservare la salute dell’intera società”. Come se esistesse davvero, fra l’altro. E dietro alla scudo della parola “società” si nascondono ovviamente interessi di ogni tipo che prevaricano gli individui e distruggono il benessere economico e non delle popolazioni.

Da che mondo è mondo la dicotomia fondamentale della politica è sempre quella: individuo e società. Libertà contro collettivismo. La storia ha già dimostrato dove conduce una e dove l’altra. Eppure, tra socialisti e ambientalisti da strapazzo, siamo ancora qui, costretti a farci girare le pale.

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