Incubo digitale: il mistero dei green pass che non funzionano

Il certificato verde oltre a essere uno strumento liberticida è il simbolo della peggiore dittatura burocratica

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Entri dal barbiere, allunghi il tuo cellulare per il controllo di rito e scopri che il tuo Green Pass non è valido. Panico. Vai in crisi, perché ti chiedi dove puoi avere sbagliato. Hai fatto il vaccino, anche la terza dose, l’ultimo tampone era negativo. E quindi perché la app che controlla il tuo codice Qr segnala, in rosso, che non sei in regola? Ma il barbiere in questione, ha notato che di casi simili ce n’è più di uno. Ha detto anche di un cliente che è stato allontanato perché aveva il Green Pass non valido. Poi è tornato subito dopo, in salute ma alquanto arrabbiato, con il codice Qr stampato. E a quel punto si è scoperto che era valido.

Sarà la app Immuni che fa scherzi? Non sia mai: tutto quello che è stato coordinato dall’ex commissario Arcuri è andato benissimo. Magari sarà anche la app IO? Chi lo sa. Comunque capita che una persona perfettamente in regola, possa apparire come un malefico evasore vaccinale agli occhi del controllo elettronico.
L’atteggiamento menefreghista è sempre dietro l’angolo: chissenefrega se non vai dal barbiere adesso, ma ci torni dopo un’ora una volta chiarito l’equivoco. D’accordo. Ma se sei in aeroporto e devi prendere un aereo? Se ti stai imbarcando su una nave a centinaia di chilometri da casa tua? Se perdi il treno e manchi un appuntamento importante? Sono tante e imprevedibili le circostanze in cui, questo stesso scherzetto, può costare molto caro.

Può darsi che una persona si organizzi meglio, portandosi dietro anche la stampa. Ma siamo sicuri che venga rilevata sempre correttamente anche quella? In un periodo come questo, scopri che ci sono tantissimi italiani schierati in difesa della burocrazia: “Non hai fatto questo, non hai fatto quello, non sai che c’è il numero verde che, non ti sei accorto che, non hai letto che…” sempre pronti a dare la colpa a chi subisce il disservizio, perché lo Stato, di fondo, ha sempre ragione e sei tu che ti ci devi adeguare.

Ma gli italiani entusiasti del Green Pass danno per scontate tre cose: che tutti i controllori siano in buona fede, che tutti i sistemi funzionino a dovere e che, se segui le regole, tu non abbia nulla da temere. Sono tre ipotesi, quasi sempre false. Se sei in regola, hai ancora molto da temere. Non prendi mai in considerazione che, per errore o per dolo, qualcuno o qualcosa possa considerarti colpevole e sia tu a doverti discolpare, mostrando le prove della tua innocenza, in un curioso ribaltamento delle parti di uno Stato di diritto.


Non prendi mai in considerazione che, a prescindere dalla volontà tua o dello Stato, tu possa essere considerato colpevole perché il sistema non funziona. Un bug in una app può essere sufficiente, in un periodo come questo, a tagliarti fuori da gran parte della vita sociale. Anche dal tuo stesso lavoro, volendo essere pessimisti.

Terzo: siamo proprio sicuri che tutti i controllori siano in buona fede? A Napoli, non più tardi di una settimana fa, un latitante è stato arrestato grazie a un controllo del Green Pass. Bravissimi, giustizia è fatta. Ma, un momento: questo vuol dire che la Guardia di Finanza (perché è il Ministero dell’Economia e delle Finanze che gestisce il Green Pass), può tracciare i nostri movimenti per scopi differenti dalla lotta alla pandemia. Se lo Stato fosse fatto di santi, ci metteremmo il cuore in pace. Se c’è un sistema che permette di tracciare i nostri movimenti, mettendoli a disposizione delle autorità, cosa potrebbe mai andare storto? Nulla, figuriamoci. Finché non incontri qualcuno, piazzato al posto giusto, che vuole rovinare te o la tua azienda.
E quanto entusiasmo per questa forma di digitalizzazione della burocrazia!

C’è anche chi, come l’ex sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa, prima del Covid, proponeva un unico documento, elettronico, che unisse carta d’identità elettronica, codice fiscale, patente e bancomat. Comodissimo. Come in Cina, dove tutto è fuso in poche app e si paga col cellulare attraverso il proprio profilo di WeChat, il social network più diffuso da quelle parti. E quando scrivi qualcosa che al regime non è gradito, ti bannano da WeChat e al tempo stesso ti bloccano il conto corrente.

Stefano Magni, 5 febbraio 2022

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