Ancora morti e sangue

Israele ripiomba nell’incubo terrorismo

Quattro attacchi in pochi giorni: il silenzio dei media internazionali

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Nel giro di pochi giorni la popolazione israeliana ha subito quattro attentati terroristici: il primo a Beer Sheva, la capitale del Neghev, poi a Hadera, piccola città a sud di Haifa, zona famosa per il fatto che le comunità ebraiche, arabe e di altre minoranze convivono senza troppi problemi. A seguire sono state colpite Bnei Barak, città abitata principalmente dalle comunità religiose ebraiche che seguono la filosofia Haredì e poi, nella serata del 7 marzo è toccato a Tel Aviv.

Alla fine di questa serie di attentati il conteggio del sangue è pesante, infatti al momento sono quattordici le persone che hanno perso la vita e decine i feriti di cui diversi versano in gravi condizioni negli ospedali. Inutile ribadire, basta avere un minimo di onestà intellettuale per rendersene conto, che quando le vittime sono israeliane le notizie vengono sempre riportate in maniera parziale e condite di se, di ma e di immancabili però che stanno a giustificare, probabilmente caso unico al mondo, il terrorismo nella sua faccia più truce.

Gli stessi attentati portati a termine in qualsiasi altra parte del mondo avrebbero scaturito numerose levate di scudi, visto però che a rimanere sotto i colpi del terrore sono stati israeliani civili e di tutte le età, la sordina, se non il completo silenzio, anche questa volta ha fatto la sua parte e gli scudi sono rimasti nei depositi in attesa dell’immancabile risposta delle forze di sicurezza israeliane. Solo nel momento in cui Israele chiederà il conto ai responsabili di ciò che è accaduto negli ultimi giorni, tutti coloro che sono rimasti in silenzio ritroveranno le loro voci e dopo aver spolverato gli scudi di cui sopra li alzeranno in cielo ripetendo i soliti e stantii slogan che dovrebbero essere di appoggio alle aspirazioni dei palestinesi ma che, di fatto, altro non sono che di sostengo al terrorismo.

La prova di tutto ciò è nel silenzio totale che ha avvolto il pessimo comportamento delle popolazioni palestinesi dell’ANP, a Gaza e anche in Libano dove hanno festeggiato il terrorismo e le uccisioni di civili in Israele ballando al ritmo di musica etnica e regalando nelle strade caramelle e pasticcini al miele ai residenti e ai passanti. Comportamento questo che oltre a dover essere censurato da tutti e in tutte le sedi, e non lo è, fa sicuramente infuriare l’animo degli israeliani che oltre a covare la voglia di vendetta saranno portati a chiedere conto anche di questa mancanza davanti al dolore delle famiglie di civili innocenti uccisi a sangue freddo e senza ragione.

Senza ragione alcuna perché oltre ad alimentare la propaganda, il terrorismo non ha mai raccolto nessun successo e perché le speranze di una vita migliore per la popolazione palestinese si nascondono dietro alle trattative e nell’accettazione dello Stato Ebraico in Medioriente. Senza queste condizioni essenziali la situazione, tranne pochi cambiamenti cosmetici, rimarrà pressoché invariata con Israele che continua la sua crescita economica e i palestinesi prigionieri di un’ideologia che fa leva sul programma di distruzione dello Stato Ebraico, ideologia già ampiamente bocciata dalla storia.

Le speranze di un futuro migliore per il Medioriente passa da tutto questo, e solo quando i dirigenti palestinesi capiranno che nella collaborazione e non nel terrorismo potranno garantire un futuro migliore a tutti finiranno questi gesti di gioia per i lutti altrui e l’inutile spargimento di sangue da una parte e dall’altra.

Il Dottor Abba Solomon Meir Eban che fu ministro nei governi Ben Gurion e Levi Eskol, basandosi sulla sua esperienza politica e diplomatica usava dire: “Gli arabi non perdono mai l’occasione di perdere una buona occasione”. La speranza di tutti noi è che le nuove generazioni la smettano di credere nella stolta propaganda e nei falsi amici occidentali che da troppo tempo sfruttano la situazione per fini che nulla hanno a che fare con il futuro della popolazione palestinese e capiscano quanto sia importante non perdere più le occasioni per arrivare a degli accordi di pace.

La speranza c’è ma è poca, e al momento, con il sangue ancora fresco sui marciapiedi delle città israeliane, solo i sognatori riescono a vedere una luce in fondo a questo tunnel lungo più di settanta anni. Ma noi, israeliani, ebrei e sognatori non smetteremo mai di sperare perché la speranza è più forte delle armi da fuoco in mano ai terroristi.

Michael Sfaradi, 9 aprile 2022

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