Cultura, tv e spettacoli

La farsa Ferragni è finita in tragedia

Chiara Ferragni basic instinct

Brutto affare quando, da influencer, oltretutto stagionata perché questo è un mondo pericolosamente al confine col lolitesco, ti metti a scimmiottare ben altre influencer: brutta storia, si vede che non hai più niente da proporre, o da imbonire. La sempre ineffabile Chiara Ferragni ha scelto di celebrare Halloween in un modo due volte strampalato, più che surreale: intanto, perché non si capisce cosa c’entri, poi perché il modello di riferimento è la diva Sharon Stone nel memorabile scavallamento smutandato di Basic Instint. Quando si dice la megalomania, ma a questa non ha mai fatto difetto: ricordati dell’Ariston.

Brutto affare, mettersi in un video su Instagram sapendo, perché lo devi sapere, che ne esci autodistrutta: per evidenti lacune fisiche, ma anche, forse soprattutto, per la clamorosa mancanza di leggerezza. Perché certe cose, certi paragoni, o li affronti con la dovuta autoironia, sempre prenderti sul serio, oppure è meglio lasciar perdere. Ma Ferragni l’ironia non l’ha nel corredo genetico, è una che prende terribilmente tutto quello che fa, per quanto vacuo. Ed eccola lì, ad esporsi al ridicolo globale e alla lapidazione virtuale. Tutto, pur che se ne parli, Oscar Wilde scansate proprio. Uno ha commentato: sembra un attaccapanni con sopra uno straccetto. Altri ripetono l’ovvio, cioè lascia perdere, non azzardarti, fallo per noi. Chi la insulta nel modo frustrato e cretino dei follower, chi la invita ad aprire una pagina su Only Fans (ciò, speremo de no). E fin qui siamo all’ovvio che ricopre il banale. Ma c’è qualcosa invece che risulta degno di attenzione: è, come al solito, l’aspetto mediatico.

Io prima di mettermi a scrivere mi son fatto un giro fra le testate, incluse quelle contro il muro, e mi sono accorto di un fenomeno notevole: cambia il medium, mai il messaggio; praticamente è sempre lo stesso markettone che rimbalza da sito a giornale, da home page a aggregatore. Segno che tutto l’ambaradan è stato preparato per tempo dall’ufficio stampa della premiata ditta Chiara & Ferragni.

Una fintissima cronaca che si articola nel modo classico dei soffietti pubblicitari: citazione rutilante della “influencer e imprenditrice”, memento sui 29,5 milioni di follower, cioè il capitale umano da sfruttare, descrizione della citazione, e del social media servito alla diffusione, reazioni dei 29,5 milioni di follower (una infima parte, naturalmente): quelli che si accaniscono, che fanno “gli haters”, cioè sono blasfemi e mancano di devozione al Totem, “ma c’è anche chi ha mostrato di gradire, definendo Chiara ‘meglio di Sharon Stone’”. E come no.

Voilà: il niente impacchettato sul nulla e infiocchettato dalla solita morale: “Ancora una volta Chiara Ferragni ha fatto parlare di sé”. E siccome nell’improbabile mondo influencer far parlare di sé significa guadagnarci, tutti d’accordo e tutti contenti: non è mai per soldi, è sempre per soldi. Speriamo solo che al marito non salti in mente di atteggiarsi, chi lo sa, a Frank Sinatra: sarebbe sprecato perfino per Jerry Lewis.

Sono le strategie che usano oggi per fare soldi per fare soldi per fare soldi: niente di particolarmente sofisticato, tutto di sinistramente ramificato. Non c’è la notizia, non c’è nessuna notizia, c’è una ossuta ultratrentenne che osa conciarsi come una supersexy e superfamosa ultratrentenne di trent’anni fa: roba patetica, costruita sull’aria che cammina ma capace di occupare la striscia di tutti i quotidiani. E nessuno che scorge, o almeno fa notare, la scandalosa ricorrenza dell’unico redazionale mascherato da articolo di cronaca gossippara. Né finisce così. Perché dopo Halloween, si dà dell’altro plasma: ecco Ferragni che, sull’onda della mascherata divistica, torna ad invadere la Rete perché “per la prima volta ha donato il sangue”. Che drago! Che cuore d’oro! Che donna speciale. Chiara Stone sì, ma di pietra mai. Ferragni è ragazza dalle convinzioni solide: “Sono una bella persona, ho forti valori”. In un certo senso. È riuscita a farsi ammettere anche al Festival del Cinema di Venezia, e un giornale scrisse: lode a Chiara che ha avvicinato alle sale di proiezione una generazione che mai era entrata in un cinema.

Siamo al vapore che reclamizza il fumo, al trionfo del battage, ma questa tracotanza condita di ostentazioni piddine, l’aborto, la rampogna al sindaco meneghino Sala, la riccanza alternata alla denuncia populista, braccini tesi e chiappe per aria, sembrerebbe non incantare più. Come il woke e l’auto elettrica, anche le influencer hanno vita breve, le stagioni per le imprenditrici digitali passano più svelte e i confronti diventano impietosi. Grotteschi. Tragico non capirlo.

Max Del Papa, 3 novembre 2023

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