La fiction sulla Lubich è una spremuta di luoghi comuni

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Il 23% di share indica solo che in tanti l’hanno visto, ma il gradimento è un’altra cosa. Certo, ai programmatori interessano soprattutto le inserzioni pubblicitarie, e queste sono le sole a cui importa la quantità di spettatori, pochissimo o per niente sapere se il trasmesso è piaciuto.

Pellicola politicamente corretta

Bene, detto questo, sappiate che mi riferisco allo sceneggiato su Chiara Lubich, fondatrice del movimento ecclesiale dei Focolarini, andato in onda in prima serata sull’ammiraglia Rai il 3 gennaio u.s. Volete sapere se a me è piaciuto? La riposta è no. Niente da dire, per carità, su quella santa donna, ci mancherebbe. No, parlo proprio del film-tv. Un “santino” piatto e banale, zeppo di luoghi comuni politicamente corretti: i tedeschi spietati e sadici, il cattivo della situazione è, naturalmente, fascista, laddove il buono vendicator de l’oppressi è un partigiano e, sempre naturalmente, comunista. La Chiesa? La solita Inquisizione, dittatoriale e senza cuore.

E per fortuna che negli anni Cinquanta aveva dismesso da qualche secolo la tortura, sennò la povera protagonista ci sarebbe stata mostrata appesa per i pollici. Il c.d. «servizio pubblico» non è nuovo a questo genere di luogocomunismo quando tratta vite di Santi, così che, alla fine, lo spettatore non capisce perché quello narrato sia stato dichiarato Santo.

Riferimenti buonisti

Ricordate la vita di San Filippo Neri? Era uno dei più grandi mistici della storia della Chiesa, ma visto in tivù non si distingueva affatto da un don Mazzi. Lo stesso per san Giuseppe Moscati, per santa Giuseppina Bakhita, per gli innumerevoli san Francesco e santa Chiara. Generico buonismo, opzione-per-i-poveri, una spruzzata di ecologismo et voilà, il Santo è servito. Ma ci facciano il piacere.

È stato autorevolmente detto (da un Santo) che solo un Santo può scrivere la biografia di un altro Santo, perché solo lui può capirci qualcosa in quanto solo lui sa in che cosa consiste la santità. Gli altri al massimo possono traferire sul biografato quel che secondo loro è la santità. E quasi sempre ne esce un ritrattino superficiale e melenso.

In una vecchia puntata di Porta a Porta dedicata a Madre Teresa di Calcutta, il conduttore chiese all’attrice Pamela Villoresi, una degli invitati in studio, perché secondo lei quella santa avesse avuto tanto successo. La risposta fu tanto ingenua quanto disarmante: «Perché questo è il cristianesimo che ci piace!». Cioè, quello che si occupa dei poveri, gratis e, cela va sans dire, zitto.

Rino Cammilleri, 7 gennaio 2020

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