La priorità della sanità italiana? Il cambio di sesso

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In una nazione con un tasso di natalità tra i più bassi in Europa, in cui chi mette al mondo un figlio deve sostenere gran parte dei costi della maternità e paternità, dove anche le persone più anziane sono spesso impossibilitate ad accedere alle cure sanitarie gratuite, chi vorrà cambiare sesso, potrà farlo ricevendo i farmaci necessari alla Terapia ormonale sostitutiva pagato dalla sanità pubblica.

Cambiare sesso diventa gratuito

Sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale due provvedimenti dell’Aifa (Agenzia Italia del Farmaco) che inseriscono i medicinali a base di testosterone ed estrogeni come “medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale”. Concretamente significa che, a partire dalla scorsa settimana, chiunque voglia cambiare sesso sottoponendosi alla terapia necessaria, potrà recarsi in farmacia con la prescrizione medica e avere i farmaci. A fare da apripista è stata la regione Emilia Romagna con una decisione approvata nel 2019 ma attuata pochi giorni fa con una particolare gravità poiché nasce dalla stessa parte politica che sottolinea la necessità di maggiori fondi per la sanità (pur essendo al governo) mentre utilizza risorse pubbliche per una spesa non certo di primaria importanza, soprattutto in un momento come quello attuale.

Minori in pericolo

Ma c’è un aspetto ancor più preoccupante ed è il fatto che le terapie riguarderanno anche ai minori, un’ipotesi contro cui si è espresso senza giri di parole il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Michele Barcaiuolo: “Oggi, in caso di disforia di genere, le linee guida internazionali prevedono terapie che in Italia sono vietate, tranne in casi espressamente autorizzati dal Comitato regionale di Bioetica, che consentono la somministrazione di farmaci che bloccano la pubertà. Al netto del mio disaccordo, a prescindere, su tutta la linea, ad ogni buon conto interverremo per far sì che in Emilia-Romagna non venga mai concessa una terapia ormonale su minori o peggio su bambini.”

Non c’è solo un problema di carattere etico (che sarebbe già di per sé sufficiente) ma anche scientifico poiché le terapie ormonali sono “per lo più di farmaci irreversibili, che quindi una volta iniziati, sia in caso di intervento chirurgico per cambio anatomico del sesso sia in caso di solo cambio anagrafico, andranno continuate tutta la vita. Con un’altissima concentrazione di effetti collaterali. Non lo dico solo io, lo dicono gli stessi pazienti in cura. Su questo, che esula dalla mia opinione personale sulla decisione della Giunta, chiedo un’attenzione particolare.”

Una linea condivisa anche dagli altri partiti di opposizione come sottolinea il consigliere regionale della Lega Matteo Montevecchi “si tratta di una scelta ideologica che non tiene conto degli effetti collaterali di questi farmaci ed è gravissimo che possano essere coinvolti anche i minori” domandandosi se “per il Pd sono queste le priorità in emergenza Covid?”. Non siamo di fronte a una battaglia di uguaglianza come vorrebbe farci credere la sinistra e non è neppure la conquista di un diritto; se un cittadino vuole cambiare il proprio sesso, non può essere la sanità pubblica a sostenere il costo a carico dei contribuenti, né in tempi ordinari né tanto meno in un momento di emergenza sanitaria in cui sono sotto gli occhi di tutti le conseguenze dei tagli alla sanità. Viene da chiedersi se il problema sia solo la disponibilità di risorse o piuttosto l’utilizzo che se ne fa, si tratta di una scelta: o si dedicano le risorse alle famiglie e agli anziani o si utilizzano i soldi per pagare le terapie ormonali ai transgender.

Francesco Giubilei, 6 ottobre 2020

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