La “rete” degli enti locali che resuscita il ddl Zan

Non si ferma il tentativo di promuovere le tematiche contenute nel disegno di legge bocciato dal Parlamento

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Dopo la bocciatura da parte del Parlamento del Ddl Zan, non è finito il tentativo di promuovere alcune delle tematiche contenute nel disegno di legge attraverso modalità che partono dagli enti locali. È il caso di Re.a.dy, una rete nata nel 2006 che si sta diffondendo negli ultimi mesi e che riunisce “Regioni, Province Autonome ed Enti Locali impegnati per prevenire, contrastare e superare le discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere”. Sulla carta una rete nata con il giusto intento di combattere le discriminazioni ma in realtà caratterizzata da una visione ideologica che ha ben presto fatto sì che i comuni aderenti alla rete appoggiassero iniziative con una connotazione ben precisa.

Cosa è Re.a.dy

D’altro canto, come si legge sul sito, Re.a.dy nasce “nell’ambito del Pride nazionale” e il suo operato ricalca questa visione ideologica della società ma l’aspetto più preoccupante sono i progetti rivolti ai bambini. Nella sezione educazione si trovano alcune iniziative come il progetto del Comune di Castelmaggiore in provincia di Bologna intitolato “Uscire dal guscio, educare alle differenze”, un “festival di letteratura per l’infanzia e l’adolescenza” che “ha portato nelle scuole libri, scrittori e scrittrici, laboratori, coinvolgendo insegnanti, studentesse e studenti”.

In questa direzione va anche la “Piccola biblioteca vivente”, un progetto didattico del comune di Cento “che tratta anche tematiche Lgbt, presentato alle scuole (medie inferiori e superiori), solitamente viene svolto al di fuori del contesto scolastico”. Tra i punti di forza: “dare ai/alle ragazzi/e la possibilità di rapportarsi direttamente con persone che hanno un vissuto reale, ed all’interno della biblioteca ci sono persone appartenenti al mondo LGBT che si raccontano”.

Il ddl Zan rientra dalla finestra

Si tratta di iniziative rivolte a bambini e minori che hanno rappresentato una delle principali motivazioni per cui il Ddl Zan è stato bocciato e, come fa notare il consigliere regionale dell’Emilia Romagna della Lega Matteo Montevecchi: “Attenzione alla Rete Ready, altrimenti il DDL Zan rientrerà dalla finestra”, parole condivise dal senatore Pillon. È lo stesso Montevecchi a rivolgere un appello alle amministrazioni di centrodestra, in particolare dopo la presa di posizione del Consiglio diocesano e pastorale di Cesena che ha stigmatizzato l’adesione del comune alla rete, invitando i comuni romagnoli guidati dal centrodestra ad uscire dalla rete.

Un appello che non è caduto nel vuoto e il sindaco di Forlì Gian Luca Zattini ha risposto così: “Il Comune di Forlì ha aderito alla rete ready nel 2016, per volontà e su indicazione dell’Amministrazione che ci ha preceduto. Al netto di questa considerazione, la Giunta attuale sta valutando con attenzione e nel dettaglio i contenuti, le attività e gli obiettivi della rete ready. Se, dopo un’accurata analisi, dovessimo riscontrarvi un messaggio divisivo e improntato al mancato rispetto delle opinioni altrui, ne prenderemo atto riservandoci di valutare le modalità e i tempi di recesso dalla rete. Se, diversamente, dovessimo rilevare un approccio inclusivo e caratterizzato dalla volontà di contrastare ogni forma di discriminazione, ne approfondiremo gli aspetti più virtuosi e vicini alla nostra comunità”.

Le parole del sindaco di Forlì potrebbero aprire un percorso per seguire l’esempio di regioni come il Friuli Venezia Giulia che, dopo l’insediamento di Fedriga, è uscita dalla rete o del Comune di Treviso dove il capogruppo della Lega Riccardo Barbisan ne favorì l’abbandono. Se una città capoluogo di provincia come Forlì decidesse di abbandonare la rete Re.a.dy, sarebbe un importante segnale nei confronti del mondo cattolico e di un elettorato di centrodestra che difficilmente potrebbe accettare iniziative come quelle promosse in altri comuni rivolte ai bambini e alle scuole.

Francesco Giubilei, 16 dicembre 2021

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