La supercazzola del green pass per rinchiuderci di nuovo

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di Maddalena Loy

Viene da sorridere teneramente quando si legge che i vaccinati hanno aspettato con trepidazione l’arrivo del Green Pass, quasi fosse il ritorno alla vita di un tempo. Il Green Pass, infatti, è una norma inutilmente discriminatoria, perché illude il vaccinato di godere di diritti che in realtà non ha riacquisito, ed è tutto tranne che un incentivo alla vaccinazione. Perché? Perché – vedrete, di qui a ottobre – la variante TarapiaTapioca sferrerà l’affondo finale e i vaccinati faranno sempre di più la (non) vita dei non vaccinati.

Bisogna riconoscere che l’impalcatura della supercazzola è stata geniale: dapprima (marzo-dicembre 2020) si è attirata ossessivamente tutta l’attenzione sui contagi (“i casi”) anziché sui sintomi gravi (la malattia, i decessi). Poi (gennaio- luglio 2021) si è puntata la pistola ad acqua alle persone dicendo: “Devi vaccinarti perché ci sono troppi contagi! Se non ti vaccini non interrompi la circolazione del virus!”, devi farlo “per te e per gli altri, corri!”. File negli hub vaccinali, corsa ai vaccini, “lo faccio per senso civico”.

Una volta vaccinati tutti o quasi – cani, gatti e feti compresi – si è annunciato en passant che neanche la vaccinazione con doppia dose basterà. Gli scienziati, dopo aver lasciato intendere che “il vaccino ha capacità sterilizzante” (blocca anche l’infezione e non solo il manifestarsi della malattia sintomatica) per spingere la gente a vaccinarsi, hanno dichiarato con nonchalance che la variante Delta “buca” il vaccino (cioè – come si diceva da queste parti da mesi – non copre granché dall’infezione e dal contagio, ma “soltanto” dai sintomi gravi e dal rischio di ospedalizzazione).

È di pochi giorni fa l’annuncio di Anthony Fauci che i vaccinati dovranno tornare a portare le mascherine al chiuso (che in Italia ai vaccinati non sono mai state tolte). Si dovrà dunque fare la terza dose (in Israele e Germania sono già partiti) e, come ha annunciato Guido Silvestri dall’America, anche la quarta, e così via. Non si finirà più, insomma.

Nel frattempo, quest’estate il “vaccinato felice” per viaggiare all’estero dovrà comunque sottoporsi a tampone, come il non vaccinato. Se dovrà andare in un negozio o in un qualsiasi esercizio al chiuso dovrà portare la mascherina. Rispetto ai non vaccinati, potrà sedersi nei ristoranti al chiuso… ma chi va a un ristorante al chiuso d’estate? Chi va a un museo il 3 di agosto? Chi partecipa a una fiera, un congresso, chi è quel pazzo che va a un parco tematico e di divertimento d’estate, chi frequenta centri termali con 45 gradi all’ombra? Chi frequenta le sale bingo e i casinò in agosto, chi va a teatro, o a un cinema al chiuso, chi si iscrive a un concorso pubblico il giorno di Ferragosto?

E chi, tra i non vaccinati, per partecipare a un concerto, non accetterà di sottoporsi a un estemporaneo tampone, fermo restando che in molte di queste occasioni si chiederà di farlo anche ai vaccinati? E ai poveri ragazzi, cui era stato chiesto di vaccinarsi “per tornare a ballare felici in discoteca”… hanno chiuso le discoteche. E per andare in Grecia dovranno comunque farsi il tampone.

Eccolo, l’evidente cortocircuito che gli ultravax, o ultras dei vaccini (quelli che s’incazzano se non si vaccina anche il prossimo) non vogliono accettare: dopo la paura del contagio e la corsa al vaccino, si ritornerà alle restrizioni, per tutti, perché il vaccino non protegge dai contagi della variante TarapiaTapioca.

Se questa non è una supercazzola…!

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