La Turchia è la nuova minaccia per l’euro

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Quando nel gennaio del 2018 la Lira turca iniziò a indebolirsi nei confronti del dollaro svalutandosi in 6 mesi di poco meno del 100% il primo pensiero di preoccupazione della comunità finanziaria fu ovviamente rivolto ai sistemi bancari di Spagna e Francia, quelli maggiormente esposti verso quel paese. Chi soprattutto preoccupava già allora era la Spagna con crediti ed esposizioni verso la Turchia maggiori di qualunque altro paese e più del doppio della Francia, e con un sistema bancario profondamente debole: sei anni prima la Spagna richiese alla Commissione Europea di ricorrere al Mes per un pacchetto di assistenza di 62 miliardi di euro con cui salvare il proprio sistema creditizio.

Il problema due anni dopo non ha trovato una soluzione ma è sensibilmente peggiorato in questi mesi e ultimi giorni al punto da portare la svalutazione della Lira turca a quasi il 105% rispetto all’inizio del 2018 diventando dopo due anni quasi un pericolo strutturale per le banche europee. Ma quale è il meccanismo per il quale l’incremento del tasso di cambio di una moneta apparentemente lontana come la lira turca può innescare una crisi sistemica Europea? La Turchia si è indebitata in dollari ed euro, valuta estera, e non in valuta nazionale. Questo significa che se per qualsiasi motivo strutturale ed esogeno – ovvero non deciso completamente dalla banca centrale (ovvero una svalutazione competitiva), la lira turca si dovesse indebolire del 100% verso le valute di riferimento, il debito da ripagare sarà del doppio. Ed è esattamente quello che sta accadendo.

Nuovamente semplificando, il punto è che il processo lascia poco spazio a miglioramenti: il declassamento del merito di credito di Turchia da parte della agenzia Moody’s di un altro notch ben sotto i livello di titolo spazzatura seguito oggi da quello sulla qualità del debito aziendale ne sono la prova empirica. E se per le banche dell’eurozona i crediti verso la Turchia sono sempre di oltre 110 miliardi di Euro, per il loro debitore Turchia invece è diventato il doppio e questo preoccuperebbe  qualsiasi creditore. E da ultimo la Banca Centrale Europea .

A verifica di ciò e che i cieli bancari non sono sono azzurri e i timori non teorici, ecco che proprio Ecb improvvisamente sospende sino al 27 giugno 2021 un parametro importante di capitalizzazione bancaria e dunque di sicurezza, il tier 1 leverage ratio. E se lo sospende significa che prevede che non sarà rispettato da molte banche. È vero che Ecb nel comunicato parla di motivi legati alla pandemia ma non ci saremmo certo aspettati di leggere il vero e – soprattutto – non crediamo al caso per una tale sincronia. Unisci i puntini: ieri De Guindos richiamava sulla difficoltà della ripresa e insisteva sulle aggregazioni bancarie e oggi la disastratissima Bankia (simil Monte Paschi) si fonde con CaixaBank per dare vita alla maggiore – che non significa migliore – banca spagnola.

Sempre la settimana scorsa Christine Lagarde sosteneva che la inflazione negativa era dovuta a motivi vari tra cui l’Iva tedesca ma ieri i dati non sono migliorati anzi leggermente peggiori sulla core. E la dichiarazione di oggi di Hernadez de Cos – Membro del Consiglio Ecb e governatore della banca Centrale Spagnola – che apre la strada all’aumento anticipato della dimensione degli stimoli monetari ovvero all’aumento del Pepp – previsto per dicembre ma probabile per ottobre – proprio per una inflazione troppo bassa è un altra conferma di uno scenario ben peggiore di quello che viene raccontato, ancor più se raffrontato a quello oltreoceano.

Dunque sì, c’è un ulteriore elemento di instabilità  che dovrà essere soppresso rapidamente che ha la sua causa però non solo in una economia esterna alla Eurozona ma – a nostro avviso – molto nei sistemi bancari europei meno prudenti come quello spagnolo. Lo abbiamo vissuto, le crisi arrivano da lì.

Fabrizio Jorio Fili, 19 settembre 2020

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