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L’alleanza Pd-5Stelle? Simile a quella tra Hitler e Stalin

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La crisi di governo e il farsi dell’alleanza giallorossa, santificata ieri con il voto sulla piattaforma Rousseau, si sono svolte negli stessi giorni in cui, ottant’anni fa, Stalin e Hitler siglarono la loro, di alleanza, il cosiddetto Patto Ribbentrop-Molotov. Per fortuna i due casi di alleanza in apparenza innaturale sono molto diversi ma un paio di analogie saltano agli occhi: la facilità con cui i, teoricamente, nemici assoluti sono riusciti ad incontrarsi e la rapidità nel dietro front da parte di militanti e ideologi di riferimento.

Il patto nazi-sovietico, diversamente da quanto scrissero molti storici progressisti e comunisti, fu tutt’altro che di mera co-belligeranza. Oltre a consentire alle due potenze di spartirsi la Polonia e a Stalin di attaccare la Finlandia, fu una vera e propria alleanza ideologica: basta leggere gli elogi al nazismo sulla stampa comunista di tutti i paesi subito dopo il 23 agosto 1939 e i peana a Stalin su quella nazista. Sorprendente, visto che i due, nazisti e comunisti fin dagli anni Venti si erano sparati addosso; poi nel 1936 Stalin si era inventato l’antifascismo e i Fronti popolari per combattere i tedeschi, e infine, sia pure per procura, Stalin e Hitler si erano fatti la guerra in Spagna.

Probabilmente, da un punto di vista ideologico, le differenze tra nazisti e comunisti non dovevano essere cosi profonde. Così come non dovevano esserlo, si parva licet, tra 5Stelle e piddini, come conferma il risultato di ieri sulla piattaforma Rousseau: entrambi figli della lunga subcultura rossa italiana. Quasi tutti, me compreso, ci siamo lasciati sviare dagli insulti reciproci tra i due campi: dimenticando che, soprattutto a sinistra, più si è vicini più ci si combatte. E dimenticando che, anche nell’epoca del vituperio digitale, la demonizzazione dell’avversario è sempre solo una risorsa del ceto politico: a cui nessuno crede, tranne i militanti e gli elettori in buona fede. In parole povere, tra politici ci si scortica di fronte al pubblico ma si fraternizza dietro le quinte. Ed è quello che è accaduto tra i supposti mortali “nemici” Pd e 5Stelle.

La seconda analogia con il Patto nazi-sovietico è la repentinità con cui militanti e ideologi di riferimento dei due campi hanno ingoiato il “contrordine compagni”. Qui non stiamo parlando però solo degli scrivani organici, molti dei quali peraltro già da tempo sostenitori dell’alleanza (del resto nel maggio 2018 a un passo da compiersi). No, stiamo parlando del partito dei media e degli intellettuali soi disant liberali, di certo competenti. Passando, nel giro di pochi giorni, dalla demonizzazione dei 5Stelle all’esaltazione del Conte diventato da nero, rosso, essi hanno perso quel poco di credibilità residua rimasta loro.

Ma come, per lunghi anni hanno condotto, soprattutto i cosiddetti liberali, una spietata guerra al populismo, all’analfabetismo funzionale, al cialtronismo dei 5Stelle, guerra che hanno proseguito negli anni del Conte 1, quasi simpatizzando (relativamente, si intende) per la Lega: e ora devono ingoiare l’elogio ai pentastallati?

 

Sarà dura, ma non poi così tanto. A fronte di qualche titubanza iniziale, i giornali di sistema, con la parziale eccezione di “Repubblica”, si sono già riposizionati in modalità Minculpop. Mentre gli intellettuali competenti liberali, che si riconoscevano soprattutto nel Royal baby Renzi, già esaltano Grillo, lodano la maturazione dei 5Stelle, la loro trasformazione in forza europeista e responsabile. Proprio come gli intellettuali comunisti, ottant’anni fa, da un giorno all’altro, da nemici di Hitler,  cominciarono a scrivere che in fondo il Fuhrer non era poi così male.

Ormai siamo assuefati alla scarsa credibilità dei politici  – si pensi a Renzi, che con la sua mossa si è ripreso il Pd ma ha ucciso il renzismo, cioè l’idea di fuoriuscita riformista dalla morte post comunista. Ma lo spirito critico, il dubbio, il senso almeno minimo di coerenza e di dignità, che dovrebbe essere proprio del ceto intellettuale? Anche questo gettato alle ortiche in pochi giorni. Proprio come nell’agosto di ottant’anni fa.

Marco Gervasoni, 4 settembre 2019

 

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