“L’autista abbandonato? Calunnie”. Sgarbi querela il Fatto: “Ecco la verità”

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Spacciando per “giornalismo” una valanga di diffamazioni e calunnie Il Fatto Quotidiano per l’ottavo giorno consecutivo (una campagna diffamatoria a tutto spiano) continua a pubblicare vergognose illazioni sul mio conto. Nelle edizioni del 30 e 31 ottobre, prospettando come vere le fasulle dichiarazioni di un mio ex autista chiaramente animato da rancore e un proposito di vendetta per essere stato allontanato, pubblica notizie palesemente false, altre di una gravità inaudita, come quella pubblicata nell’edizione di martedì 31 ottobre nell’articolo dal titolo «Sgarbi: i suoi autisti vessati e quei dipinti nel bagagliaio», in cui l’autore, utilizzando come “fonte” le illazioni di un mio ex autista, mi accusa di avere portato all’estero, nel bagagliaio (sic) della mia auto, dei quadri destinati a immaginari acquirenti, quindi attribuendomi uno specifico reato.

In un paese civile, un giornalista serio, di fronte a un’accusa di siffatta gravità, frutto del proposito diffamatorio di un individuo animato da risentimenti nei miei confronti, in mancanza di qualsiasi elemento di prova avrebbe dovuto ignorarla. E invece il giornale (lo stesso giornale che ha pubblicato il contenuto di una lettera anonima contenente dati ottenuti attraverso il fraudolento accesso a diversi account di posta elettronica) non solo gli ha dato dignità di “notizia”, ma l’ha amplificata, rendendosi complice dell’operazione di discredito a mio danno. Di questa grave diffamazione, che si aggiunge alle altre diffuse quotidianamente dal giornale, se ne stanno già occupando i miei legali.

Il presunto viaggio a Montecarlo

Come ho esposto in maniera circostanziata nella denuncia depositata ieri presso la Squadra Mobile della Questura di Roma, non sono mai stato a Montecarlo, cosa facilmente documentabile visto che i miei spostamenti sono tutti tracciabili. Vera risulta la circostanza che, nel corso di una trasferta verso il Piemonte, è stato impedito all’autista rumeno di risalire in macchina, ma solo perché aveva mostrato alla guida (e di questo ho fornito le prove) evidenti segni di stanchezza che potevano pregiudicare la sicurezza di tutti, essendoci accorti che aveva anche abbondantemente bevuto. Comunque, non è affatto vero che sarebbe stato “abbandonato” in una stazione di servizio; gli era stato semplicemente imposto di lasciare la guida a un altro mio collaboratore; si è rifiutato di farlo dicendo che avrebbe chiamato qualcuno per farsi riportare a casa. Altra falsità è quella che gli sarebbero stati offerti 1.500 euro per il suo “silenzio”: era semplicemente il consueto corrispettivo per il suo lavoro di autista.

Violazione degli account di posta elettronica

Il 19 ottobre attraverso la violazione di alcuni account di posta elettronica privati, sono stati rubati documenti e messaggi riguardanti la mia attività di storico e critico dell’arte. Questi account sono stati utilizzati in maniera fraudolenta per inviare una lettera anonima a diverse istituzioni, giornali e tv. Nei giorni successivi, anche il contenuto di alcuni messaggi dell’account istituzionale del mio capo Segreteria (nel dettaglio: una mail con la Prefettura di Messina ed un’altra destinata a un ufficio del ministero) è stato pubblicato da Il fatto Quotidiano, circostanza che lascia presupporre la violazione anche di questo account. Il giornale, incurante delle condotte chiaramente delittuose che hanno portato alla diffusione di questi dati e di questi messaggi, li ha pubblicati per ricostruzioni false, frutto di grossolane manipolazioni, così concorrendo nei reati commessi dall’ignoto o dagli ignoti autori. Per questi episodi è stata depositata denuncia alla Polizia Postale.

Campagna diffamatoria

Alla violazione degli account di posta elettronica e alla diffusione e pubblicazione di documenti e corrispondenza ottenuti dunque illegalmente, è seguita, con un tempismo che lascia presupporre un’azione premeditata da tempo, l’inaudita campagna diffamatoria che conduce da ormai 8 giorni Il Fatto Quotidiano attraverso articoli denigratori e diffamatori firmati da Thomas Mackinson. Si tratta dello stesso giornalista che nei mesi scorsi è stato denunciato dal suo ex editore per estorsione; contrariamente a quanto da lui dichiarato, l’inchiesta, come conferma il suo ex editore, è tutt’altro che archiviata: per la diffamazione, tra l’altro, a breve ci sarà il rinvio a giudizio del giornalista, mentre per la tentata estorsione l’istruttoria è ancora in corso da parte della Procura di Torino.

Fondazione Pallavicino

Da prima che fossi nominato Sottosegretario sono il direttore artistico della Fondazione Pallavicino (carica comunicata all’AgCom che ha ritenuto essere compatibile con il mio ruolo di Sottosegretario) per la quale ho curato, con regolare compenso, la promozione della collezione di proprietà del Principe Pallavicino.
Il Fatto Quotidiano, scrivendo il falso, ha scritto che la mia attività di direttore artistico sarebbe il corrispettivo di un mio intervento presso la Soprintendenza per sanzionare il progetto di un gabbiotto in cemento previsto per la realizzazione di un parcheggio. Altra diffamazione. In sostanza il giornale dai rapporti (peraltro esistenti da diversi anni) tra me e la Fondazione Pallavicino allude ed insinua ipotesi di reato, e cioè che io abbia agito per ottenere un beneficio economico. Un processo non alle intenzioni, ma alle supposizioni. Inutile sottolineare anche in questo caso la gravità, sotto il profilo penale, di simili accuse in mio danno.

Biennale di Venezia

Mackinson sembra avere come metodo la manipolazione dei fatti. Eclatante il caso dell’artista Barbara Pratesi. Sono accusato di avere scritto, dietro compenso, un testo per lei. E come corrispettivo l’avrei fatta partecipare alla Biennale di Venezia. Ebbene, vero che ho scritto un testo, retribuito, ma per una mostra che la Pratesi ha tenuto a Quarrata (Pistoia). Ma la Pratesi – e sta qui l’altra manipolazione di Mackinson – non ha mai partecipato alla Biennale di Venezia. E io men che mai l’ho proposta. In questo caso l’intrepido diffamatore Mackinson confonde la partecipazione della Pratesi a una mostra curata da un’associazione privata denominata «Pro Biennale» con la più nota e prestigiosa Biennale, facendone discernere, anche in questo caso per una sua convinzione personale, un rapporto di do ut des. Ma è chiaro che tra l’associazione e la Biennale non c’è alcun nesso se non un’assonanza. Ecco, anche le assonanze sono state trasformate in ipotesi di reato. E questo sarebbe giornalismo? Si possono manipolare i fatti così impunemente?

Rimborsi

Come già ribadito, non ha mai chiesto per le missioni istituzionali in Italia alcun rimborso sebbene la legge lo preveda. Ma non solo, sebbene il regolamento preveda per le missioni istituzionali anche il rimborso delle spese di trasferta fatte con propri mezzi, non ho mai chiesto tali rimborsi. Come tutti sanno mi muovo con una mia auto e un mio autista, a mie spese. Esemplare la manipolazione compiuta da Mackinson sulla vicenda relativa alla richiesta di rimborso di una mia collaboratrice per una missione a Messina: 10 euro di pasto, 20 euro di taxi e poco meno di 70 di treno per rientrare a Roma. Questa collaboratrice era regolarmente al seguito del Sottosegretario, aveva chiesto il rimborso di un biglietto del treno da Paola a Roma (per rientrare in sede) ma non gli è stato accordato in quanto il Regolamento non prevede che si possa rientrare in sede (Roma) da una città diversa da quella i cui sei stato in missione (Messina), anche se questa ipotesi avrebbe comportato un risparmio per il ministero. Altro che “rimborsi dubbi” come ha titolato il giornale, sempre nell’intento di gettare un’ombra sull’operato del mio ufficio.

Il quadro di Tiziano

Nell’articolo dal titolo “Il quadro diventato Tiziano…”, uscito sull’edizione de Il Fatto Quotidiano del 28 ottobre mi si accusa di avere venduto un dipinto, “Ritratto di Gentiluomo”, attribuito a Tiziano, di proprietà della Fondazione Cavallini Sgarbi. Se fosse come scrive il giornale – e il giornale lo scrive senza alcuna forma dubitativa – tale atto sarebbe un reato da me compiuto. A riguardo preciso che della Fondazione Cavallini Sgarbi sono Fondatore e Presidente (come comunicato all’AgCom, che ha ritenuto anche tale incarico compatibile con il mio ruolo); il quadro in questione non ha mai fatto parte della Fondazione Cavallini Sgarbi, la cui dotazione può essere facilmente consultata nelle sedi opportune, essendo soggetta a vincolo da parte del Ministero della Cultura; il quadro, esposto in mostre nazionali e internazionali, pubblicato e mai identificato nel patrimonio della Fondazione Cavallini Sgarbi, era di mia proprietà.

Le querele e i miei crediti

Il giornalista mi attribuisce 670 querele che non ho avuto e di essere “Sottosegretario nullatenente”. È una menzogna. Lo dimostrano la mia dichiarazione dei redditi e le mie proprietà, molte delle quali sono opere d’arte a me intestate. Falsa anche l’accusa di non pagare la tasse. Ho in corso, come milioni di italiani, una regolare procedura di rottamazione. E che come il mio avvocato ha tentato di spiegare con una dettagliata lettera che Il Fatto Quotidiano non ha mai pubblicato, così violando l’art. 8 della Legge sulla stampa, che le mie difficoltà con il Fisco sono derivate negli anni dall’aver dovuto pagare risarcimenti per oltre 500mila euro (300 mila solo ad Antonio Di Pietro).

Ma vi è di più. Mackinson (e con lui da ieri il suo collega di giornale Andrea Scanzi che con dei video sulla sua pagina Facebook fa da cassa di risonanza agli articoli diffamatori) si è inventato una condanna che io non ho mai riportato: non corrisponde a verità che io a febbraio 2023 abbia patteggiato con il Pm e la Cucchi 2 mesi e 20 giorni di reclusione più 220 euro di multa. Chi ha patteggiato la pena è una signora di Terni, condannata per avere diffamato Ilaria Cucchi con un commento sul web riguardante un articolo dal titolo “Ilaria Cucchi assolta, definì ‘sciacallo’ Matteo Salvini”, postato sul mio profilo Facebook. E proprio sotto a questo mio post la donna aveva commentato: “Veramente lo sciacallo è lei (cioè la Cucchi)”. Era il 15/03/2021, e a quel commento aveva fatto seguito la querela per diffamazione da parte della Cucchi, non a me, ma alla signora.

Questi sono i fatti nella loro inoppugnabile verità. Delle diffamazioni de Il Fatto Quotidiano saranno chiamati a risponderne, oltre all’editore e all’autore, quanti, in questi giorni, ripubblicano e quindi contribuiscono alla loro diffusione questi articoli, senza peraltro riconoscere alle persone chiamate in causa il diritto di replica.

Vittorio Sgarbi, 2 novembre 2023

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