Le 8 follie della tassa sulla casa

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Ogni tanto, guardando ad un settore, occorre fermarsi e porsi qualche domanda. Altrimenti, quello che accade è che ci si abitua a situazioni che non sono normali, ma che vengono ritenute tali per il semplice trascorrere del tempo, a tutto vantaggio di chi dovrebbe intervenire – e non lo fa – per eliminare iniquità, irrazionalità, vere e proprie storture.

A proposito di immobili, se si voglia fare un esercizio del genere, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Proviamo, allora, a mettere giù – come si dice, senza pretesa di esaustività – alcuni punti interrogativi (in ordine casuale, non di importanza). Chissà che non serva a risvegliare qualche coscienza assopita.

1.È normale che la principale (perché non è l’unica) imposta patrimoniale sugli immobili, l’Imu, sia dovuta persino in caso di possesso di immobili inagibili e inabitabili?

2.È normale che una casa che si trovi nel Comune nel quale il proprietario ha l’abitazione principale – e quindi, generalmente, una casa che il proprietario stesso non riesce ad affittare, e che è quindi un puro costo – sia soggetta ad almeno quattro imposte (Imu, Irpef, addizionale regionale Irpef, addizionale comunale Irpef)?

3.È normale che le spese di produzione del reddito da locazione siano riconosciute nella ridicola misura del 5%? È la regola valida dal 2013 per l’Irpef, l’imposta che si applica obbligatoriamente per tutti gli affitti di immobili non abitativi (non essendovi la cedolare secca) e, per quelli abitativi, quando il proprietario non abbia convenienza ad applicare la cedolare (ad esempio perché ha un reddito basso e molte spese da detrarre).

4.È normale che – per gli affitti non abitativi (per quelli abitativi, lentamente, si sta invece rimediando) – il canone di locazione debba essere inserito nella dichiarazione dei redditi anche se lo stesso non venga percepito?

5.È normale che gli affitti di immobili non abitativi (i locali commerciali, ad esempio) siano ancora regolati da una legge di più di quarant’anni fa, quella sull’equo canone, che obbliga – fra l’altro – a contratti di durata minima di 12 o 18 anni?

6.È normale che, dal 2012, in caso di “locazioni passive” della Pubblica Amministrazione – quando, cioè, inquilino in un contratto di affitto sia lo Stato – quest’ultimo stabilisca per legge che a sé stesso non si applichino le regole valide fra privati, come l’obbligo di aggiornare annualmente il canone sulla base dell’indice Istat?

7.È normale che in Italia vi siano decine di migliaia di immobili occupati illegittimamente, molti di essi da più di dieci anni, senza che un reato eclatante come questo sia perseguito con il dovuto rigore?

8.È normale che un fenomeno come quello degli affitti brevi e turistici sia oggetto continuamente di attenzioni di legislatori (nazionali e regionali) bramosi di limitarlo, contenerlo, scoraggiarlo, quando in un Paese come l’Italia – se il tema fosse trattato con equilibrio – esso potrebbe rappresentare una delle poche risorse per la valorizzazione e la messa in sicurezza, specie nei piccoli centri, del nostro immenso patrimonio immobiliare, e per la rinascita di tanti borghi in via di spopolamento?

Siamo arrivati a 8 domande, ma probabilmente potremmo agevolmente raddoppiare o triplicare l’elenco. La realtà è che sarebbe già tanto se si iniziasse a lavorare per eliminare almeno la metà di queste follie che caratterizzano il rapporto del nostro Paese con gli immobili.

Giorgio Spaziani Testa, 15 febbraio 2020

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