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L’esercito dei “draghini” che fa infuriare i partiti - Seconda parte

Come Giovannini al MIT, che pure può contare sulla benevolenza delle ‘penne bianche’ del Quirinale, Mattarella e il fido Zampetti, come vengono affettuosamente soprannominati nei Palazzi o come la sottosegretaria allo Sport e alla Salute Valentina Vezzali, che non vedrebbe l’ora di destinare una stoccata delle sue al premier, dal quale non riesce neppure a farsi ricevere e passa le giornate a incontrare improbabili uomini di sport del sottobosco romano o sognando di candidarsi con la Lega nelle Marche. Ma anche alcuni big al Governo cominciano ad essere insofferenti al metodo travestito da realpolitik di Draghi. Andrea Orlando, ad esempio, è rimasto molto irritato per come è stato lasciato solo nel tritacarne di Confindustria e Sindacati sui provvedimenti per il lavoro che, a suo dire, erano stati tutti concordati con la Presidenza del Consiglio. La domanda, dopo questi mesi, sorge spontanea nei Palazzi: quanto può durare questo metodo Draghi, un uomo solo al comando con ministri che si sentono sempre più isolati e che tratta partiti e Parlamento come dei soprammobili? Vero è che, se continua ad essere il “centro di gravità permanente”, il Quirinale resta fuori dalle sue orbite. E forse è proprio quello che vuole.

Luigi Bisignani, Il Tempo 30 maggio 2021

 

 

 

 

 

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