Lettera al Gesù bambino dei nonni

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Quand’ero piccolo, i primi anni Quaranta, c’era la guerra, i miei genitori, a Natale mi invitavano a “scrivere una letterina a Gesù Bambino” e all’Epifania a “scrivere una letterina alla Befana”. Come figlio di genitori antifascisti (schedati) a Gesù Bambino chiedevo “fai che finisca la guerra” (altri, la quasi totalità, scrivevano “fai che il Duce ci porti alla vittoria”). Alla Befana invece scrivevo: “sono stato bravo, non merito il carbone ma i dolcini” (non ho mai capito perché, ma ero terrorizzato di ricevere il carbone).

Ci sono momenti in cui mi sembra di essere tornato a quel tempo. Con una differenza, questi non sono più nero d’orbace vestiti, indossano capi firmati, felpe, camicie bianche, jeans, ma principi e comportamenti sono rimasti quelli d’allora. Ora sono vecchio, onestamente, a titolo personale, non ho nulla da chiedere a Gesù Bambino, con me è stato fin troppo generoso, lo è stato con mia moglie, con i miei figli e nuore, anche con i miei nipoti ha cominciato bene. Scrivo allora al Gesù Bambino dei Nonni. (oggi così disprezzati da queste ridicole élite giovanilistiche; provo tristezza vederli “mettere contro” giovani e vecchi, lo dico per loro, non certo per me):

“Caro Gesù Bambino dei Nonni, tu che da piccolo sei stato intrepido e spensierato, e che tutto puoi, dai ai nostri giovani un lavoro, rispettoso sia dell’essere uomini, sia dell’ambiente circostante. Un lavoro dignitoso, quindi non precario e mal retribuito come avviene ora. Evita che i nostri giovani si trasformino, come purtroppo sta accadendo in molte parti del Nord e dell’Oriente del mondo, in “idioti consumatori seriali”, disposti a ingurgitare qualsiasi schifezza globalizzata, fisica o morale poco importa, che li porterà a diventare degli zombi. Per evitare questa prospettiva, aiutali invece ad essere lavoratori orgogliosi del proprio lavoro e del proprio Paese.

A te, caro Gesù Bambino dei vecchi, chiedo solo di dare loro un contesto, esente da vecchie ideologie riciclate e digitalizzate, nel quale invece il lavoro sia al centro della loro vita e l’ascensore sociale vada su e giù, in base ai meriti di ciascuno. (È insopportabile che “figli e nipoti di” arrivino all’attico senza competere). Poi, ciascuno di loro, in base all’impegno che ci metterà, se la caverà di più o di meno, ma l’equità sarà stata rispettata. Solo così possiamo dirci civili, democratici, liberali, e chi lo vuole, pure cattolici. Grazie di cuore.”

Riccardo Ruggeri, 23 dicembre 2019

Zafferano.news

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