L’eurocomunismo si abbatte sulla casa

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Un micidiale mix di ideologia, conformismo e banalità. Così può essere descritta – in sintesi – la sbrodolata di 23 (ventitré) pagine approvata dal Parlamento europeo sotto forma di “risoluzione sull’accesso a un alloggio dignitoso e a prezzi abbordabili per tutti”. I “visto” sono 49, i “considerando” 50, le richieste, gli inviti e le esortazioni (alla Commissione e agli Stati membri dell’Unione europea) ancora di più, 57. Migliaia di parole per poter dire di essersi occupati del tema abitativo e di aver così pensato al bene dei cittadini europei.

Il documento è disponibile sul web, ma poiché non sarebbe gentile infliggerne la lettura agli incolpevoli frequentatori di questo sito, proviamo a estrapolare qualche chicca per dare l’idea della cosa.

Sin dal quinto “considerando” (lettera E), si è messi a dura prova dal monito a “potenziare l’urbanizzazione inclusiva e sostenibile e la capacità di pianificazione e gestione di insediamenti umani partecipativi, integrati e sostenibili”. Bellissime parole, disponibili in tutte le lingue dell’Unione europea, per i poliglotti.

Proseguendo nella lettura, giunti alla lettera AB, ci s’imbatte nella seguente affermazione: “l’accessibilità economica degli alloggi deve essere vista nell’ottica del suo rapporto globale con i modelli e l’andamento del reddito, nonché con la giustizia distributiva e gli aumenti eccessivi dei costi degli alloggi, e che ha un’evidente dimensione di genere”. Tralasciando la “dimensione di genere” – concetto inserito ormai ovunque con lo stesso criterio con cui si mette il sale sulle pietanze – emerge il primo riflesso statalista degli autori del documento: quando è “eccessivo” un costo, o un prezzo, in un sistema ad economia libera? Riflesso subito confermato dalla frase successiva, dove si legge che “i fallimenti del mercato degli alloggi mettono in pericolo la coesione sociale in Europa, fanno aumentare i senza dimora e la povertà e hanno conseguenze sulla fiducia nella democrazia”.

Il testo è lungo. Normale, quindi, prendersi qualche pausa e lasciare spazio anche a considerazioni che possano incontrare i favori della maggior parte dei cittadini-elettori europei. Ecco, dunque, che alla lettera AN appare questo importante concetto: “gli alloggi dovrebbero essere sicuri, comodi e di facile manutenzione, tutti aspetti di particolare importanza per le persone anziane”. Ben detto!

La serietà del tema, però, è tale da richiedere che si torni subito a riflessioni più pensose e impegnate. Eccoci allora alla lettera AW, sempre dei “considerando”, dove si rileva che “le acquisizioni immobiliari e fondiarie a fini speculativi giocano un ruolo importante nella crescita continua dei prezzi degli alloggi” e che “si osserva il forte e costante aumento dei prezzi delle abitazioni e dei canoni di locazione di mercato, in particolare nelle città e nelle aree urbane o suburbane”.

Affitti, il cattivo è sempre il proprietario

Fermiamoci con i “considerando” e passiamo alla parte propositiva della risoluzione. Punto 27: il Parlamento europeo “esorta gli Stati membri a definire e attuare politiche contro i cosiddetti slum landlord (padroni di casa negligenti) e i proprietari che richiedono affitti ingiustamente elevati, e a favorire la condivisione delle buone pratiche relative a tali politiche”. E te pareva, si direbbe a Roma. Gira e rigira, bisogna sempre trovare il cattivo. E in materia di affitti – si sa – il cattivo è sempre il proprietario. Anche qui, poi, il rispetto per l’economia libera va a farsi benedire, se si pensa che viene utilizzata un’espressione come “affitti ingiustamente elevati” (ma la versione spagnola è ancora più simpatica: parla di “arrendatarios – cioè inquilini – extorsionados”). Chi e come stabilisca quali affitti siano “giusti” o “ingiusti”, meglio non saperlo.

Al punto 45, la risoluzione torna a manifestare il suo fastidio per la libertà economica nel settore immobiliare. Si legge, infatti, che il Parlamento “nota con preoccupazione l’incremento della finanziarizzazione del mercato immobiliare, in particolare nelle città, in virtù della quale gli investitori considerano gli immobili come beni commerciabili e non come un diritto umano”.

Pensate, gli investitori – immaginiamo privati – si permettono di fare il loro mestiere: biasimevole. Chissà se un giorno il Parlamento europeo approverà una risoluzione in cui lamenta che i fornai considerano il pane come bene commerciabile anziché come diritto umano.

Leggi contro gli affitti brevi

Chiudiamo con un grande classico, di estrema attualità in questo periodo di particolare floridezza del turismo. Punto 48: il Parlamento europeo “osserva che la grande crescita dell’affitto di case private per brevi periodi di vacanza sottrae abitazioni al mercato e fa salire i prezzi, con un impatto negativo sulla vivibilità nei centri urbani e turistici”. Pertanto – è la sostanza dell’invito che segue – i Governi si inventino tutti gli accorgimenti possibili per limitare gli affitti brevi, “evitando la turistificazione, lo svuotamento dei centri urbani e il declino della qualità della vita in tali centri a scapito dei residenti”. Tranquilli, cari parlamentari europei, in Italia – terra di turismo per eccellenza – ci abbiamo già pensato e, con tempismo degno di miglior causa, abbiamo inserito nella legge di bilancio una norma che ha proprio lo scopo di ostacolare gli affitti brevi. Evviva.

Giorgio Spaziani Testa, 25 gennaio 2021

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