La narrativa dominante sul clima e sul cambiamento climatico la conosciamo tutti. Peccato che molte affermazioni comunemente accettate siano infondate o quantomeno esagerate per integralismo ideologico. Dal presunto allarme per l’aumento dei disastri naturali all’impatto delle attività umane sul clima, passando per il ruolo della CO2 nel riscaldamento globale. Senza dimenticare, ovviamente, gli interessi economici: del resto l’industria green beneficia di cospicui sussidi nonché di politiche favorevoli. Nonostante ciò, i talebani del settore non hanno alcuna intenzione di gettare la spugna. Anzi. Una delle sparate più clamorose arriva dall’Inghilterra, firmata dalla scienziata Friederike Otto.
Friederike Otto è docente di climatologia all’Imperial College di Londra. È anche co-fondatrice del World Weather Attribution, che mira a determinare l’influenza del riscaldamento globale sull’intensità e la probabilità di un evento meteorologico estremo. Il progetto esamina come fattori come un’architettura inadeguata e la povertà esacerbano ondate di calore, uragani, alluvioni e incendi boschivi. Questo è il tema del suo secondo libro, “Climate Injustice: Why We Need to Fight Global Inequality to Combat Climate Change”, che sta giustamente promuovendo in queste settimane. Ma attenzione, la castroneria è la seguente: la crisi climatica è aggravata dal sessismo. Sì, avete capito bene: dal sessismo.
Secondo la scienziata, la crisi climatica è una conseguenza delle disuguaglianze e delle ingiustizie globali. “Se ci si attiene alla fisica, il riscaldamento è causato dalla quantità di carbonio presente nell’atmosfera, ma la quantità di carbonio presente nell’atmosfera è causata dalla combustione di combustibili fossili. Ed è anche vero che coloro che beneficiano della combustione di combustibili fossili sono le poche persone già ricche che possiedono le aziende. La stragrande maggioranza delle persone non ne trae beneficio. Il sogno americano è la mobilità sociale, non la combustione di combustibili fossili” il suo racconto in una lunga intervista al Guardian. Ma andiamo ai passaggi più divertenti.
Per la scienziata, “razzismo, colonialismo e sessismo” sono tutti alla base del riscaldamento globale. “Il problema sarà risolto solo se affrontiamo le cause profonde. Io sostengo che queste siano le disuguaglianze nella nostra società” la sua filippica. Ed ecco, invece, il presunto legame tra crisi climatica e sessismo: “In tutti gli studi che abbiamo condotto, abbiamo scoperto che più le strutture di una società sono patriarcali, maggiori sono le conseguenze del cambiamento climatico. Se le donne vengono escluse dai processi decisionali e non hanno accesso ai finanziamenti, molte più persone muoiono e perdono i mezzi di sussistenza a causa di eventi meteorologici estremi”. Integralismo femminista allo stato puro, lo zenit della religione woke.
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L’’atteggiamento di chi (uomo o donna) tende a giustificare, promuovere o difendere l’idea dell’inferiorità del sesso femminile rispetto a quello maschile. Questa è la definizione di sessismo fornita dalla Treccani. E dunque: come è possibile prendere sul serio chi parla di sessismo in relazione alla crisi climatica? Quanto valgono i titoli di fronte all’ideologia? Questa non è scienza, ma è fondamentalismo verde/femminista. E non vogliamo nemmeno soffermarci sul legame tra cambiamento climatico e razzismo o colonialismo, perchè il giudizio è lo stesso. Il problema è chi prenderà per buone certe sparate: d’ora in poi il patriarcato sarà legato alle alte temperature d’agosto…
Franco Lodige, 21 aprile 2024
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