L’ultima follia politicamente corretta: Churchill come i nazisti

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Winston Churchill se ne sarebbe probabilmente uscito con una battuta. Le salaci arguzie a volte sono più efficaci di mille parole per commentare certi fatti di cronaca, di una tipologia sempre più frequente ahimè. Ma poi queste parole vanno pure dette. Se non altro per avere contezza di quel che ci sta accadendo, intendo a noi occidentali.

Un tempo le università erano il luogo ove si formavano le classi dirigenti, che erano tali non solo perché dirigevano, appunto, ma perché facevano riferimento ad un quadro valoriale intangibile. Entro cui poi certo si svolgevano le diverse cognizioni, le umane differenze, ma che in quanto perimetro di azione era da tutti accettato, ed era la nostra identità. Senza identità semplicemente non si può vivere. E immaginare di non averne è solo averne una a casaccio. Questo quadro era dato dalla cultura classica, che poi era per noi la cultura tout court: la nostra pretendeva di essere, e per molti versi era, una civiltà-mondo. Cosa significasse classicità, lo si può dire in una parola: il senso tragico dell’esistenza, la consapevolezza, che appunto ha dato il tono in diverso modo a tutta la nostra storia, dell’inscindibilità di bene e di male, di positivo e negativo. Poli inconciliabili di fatto, e di diritto: senza questa tensione fra opposti, la stessa vita umana perderebbe di spessore e si avvicinerebbe paurosamente a quella delle bestie.

Ora è proprio questa tensione che si vorrebbe eliminare da più parti, in un vero e proprio processo di “chiusura della mente occidentale” (per parafrasare Allan Bloom) che parte proprio dalle università che un tempo erano il nostro fiore all’occhiello. Churchill, appunto. E Cambridge. Si può mettere sotto processo e accusare di essere peggio dei nazisti proprio colui che ha trascinato un popolo intero a sconfiggere il nazismo, e solo perché avrebbe fatto proprie strutture mentali e linguistiche di stampo “suprematista”? E lo si può fare proprio nel cuore pulsante, e sotto i crismi della scientificità, della cultura occidentale: in quella università famosa un tempo per i suoi “platonici” e che oggi si avvicina nel suo corpo docente, rigorosamente multietnico (e ci fa piacere) ma anche multiculturale, e cioè anticulturale, alla “feccia di Romolo”?

Priyamvada Gopal, promossa da poco ordinaria di “studi post-colonniali” (sic!), ha promosso un convegno su Churchill, ci informa il Telegraph dell’11 febbraio scorso, teso a distruggere l’immagine di sir Winston facendone un truce imperialista truce e un “suprematista bianco”. Tutto questo è avvenuto paradossalmente proprio nel Churchill College, che ora qualcuno sicuramente proporrà di denominare diversamente, in un’apoteosi di ignoranza e di partigianeria che ahimè si ripete ogni giorno in mille altre occasioni. Che poi gli attacchi provengano da figli dell’Impero (la Gopal è indiana) da studiosi che, senza l’opera “civilizzatrice” (si può dire?) del detestato “uomo bianco”, probabilmente non saprebbero oggi nemmeno cosa è un consesso scientifico, è un altro paradosso. Come abbiamo potuto permettere che la scienza fosse attaccata a casa propria? E che, sotto i colpi nemici, in nome della moralità, proprio la morale venisse uccisa?

Speriamo di essere ancora in tempo, e di poter presto uscire dalla palude in cui siamo sprofondati. Anche perché questa volta un Churchill che venga a liberarci è veramente improbabile.

Corrado Ocone, 17 febbraio 2021

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